URBAN COWBOY
URBAN COWBOY John Travolta Debra Winger una ballata country
LOOKIN FOR LOVE
Non c’è America senza un buon sogno da realizzare, qualche pugno da tirare, un amore struggente da difendere e nemici da combattere. La grande città attira da sempre dalle campagne americane forza lavoro e muscoli e bravi ragazzi che sanno però mettersi nei guai per un paio di occhi dolci incontrati in un saloon, e magari sposarseli, quegli occhi dolci, e magari cominciarci a litigare per un nonnulla, dopo una giornata passata a sgobbare in una raffineria a Houston (Texas), se occhidolci non fa trovare la cena in tavola e non pulisce la casa. Occhidolci è Sissy, una cowgirl urbanizzata interpretata da Debra Winger. Il “galoppino” della raffineria di Houston è Bud (John Travolta), bravo cowboy venuto a Houston dalla provincia, chiamato dal suo vecchio zio, non certo per l’aria buona, ma per la prospettiva di guadagnare qualche dollaro in più. Dopo una notte passata a letto con due cowgirl conquistate la sera prima nel locale di Mickey Gilley (impersonato dal vero Mickey Gilley, country singer di larga fama) si presenta sul posto di lavoro e gli impongono, per prima cosa, di radersi la barba. Inizia a lavorare. Quella sera, da Gilley, si presenta in camicia e Stetson neri, glabro, duro e un po’ sognante. Sissy, che la sera prima l’aveva già adocchiato, lo abborda al bancone, e gli propone di ballare. E nasce subito l’amore, con scene supportate dalla bellissima canzone Lookin For Love, celebre ballata country di tutti i tempi. Inquadrature in controluce che imprimono sugli occhi le silhouette dei due cow boy impegnati a bere birra, fumare e baciarsi, in immagini cartolina di un’America un po’ oleografica ma di grande presa sentimentale, un’America selvaggia nei sentimenti, ma che sa commuoversi, e commuoverci, di fronte a due cuori innamorati, sperduti nell’immenso, duro, spesso disilludente sogno americano, e nella vastità suburbana di una città come Houston, dove i ricchi abitano nei grattacieli del centro, e la classe piccola, piccolissima, dei lavoratori delle raffinerie in casette di assi ai margini di quella brulla e desolata zona produttiva, dove un paio di braccia contano più di chi le possiede.
Il locale di Gilley è il centro nevralgico di tutto il film, giocato su un plot semplice ma ben eseguito. Qui Bud apprende le regole del vivere e dell’amore, secondo un codice cittadino più che campagnolo. Urban cowboy, appunto, ragazzo che viene da fuori e vede nella città coronarsi il suo piccolo, modesto sogno di una casetta e una moglie. Difatti Bud e Sissy convolano a nozze quasi immediatamente. Vanno a vivere in un rione di roulotte, su una casa di 18 metri con le ruote sotto, e tutti i comfort dentro, anche se su scala miniaturizzata. L’America sa regalare e regalarci sogni a due ruote, di wilderness e libertà, anche se la frontiera è stata da tempo conquistata, e resta solo nella testa degli americani come slancio verso un ideale puro, di orizzonte e tramonti infuocati, spesso visti dal recinto del proprio giardinetto, con una birra in mano, dopo una massacrante giornata di lavoro, mentre la moglie, in vestaglia, prepara pollo fritto e torta di mele oltre la verandina di casa.
E’ finito il tempo dei cow boy con la loro mandria. A un Urban Cowboy non resta che cavalcare un toro meccanico, nel locale di Gilley, dopo una giornata in raffineria, e tentare la fortuna di vincere i 5000 $ in palio al rodeo annuale di Gilley, allenandosi a fare il buon domatore di tori meccanici. Solo che il destino gli mette sulla sua strada un pregiudicato, un cow boy che maneggia coltelli e rivoltelle, che attacca facilmente briga (con lui) e cavalca nei rodei, quelli veri. La disputa sarà dura, ma alla fine vincerà l’onestà di Bud, contro i mezzucci e la brutalità di Wes (Scott Glenn) che, nel frattempo, gli fregherà la moglie, nel tentativo di sottometterla e portarsela in Messico. L’amore tra Bud e Sissy attraversa una fase di tradimenti, e di quasi divorzio. Bud si mette con una della city, la figlia di un magnate del petrolio con una fissa sessuale per i cow boy. Il padre, per lei, è un esempio troppo edulcorato di uomo, con le sue sedute dallo psicoanalista, e preferisce frequentare localacci di periferia dove incontrare e portarsi a letto uomini veri, veri cow boy. Ma la sua è solo la manifestazione di una curiosità borghese, e il suo amore per Bud è infarcito di retorica intellettuale. Non durerà a lungo. Si autosmaschererà, dopo aver occultato una letterina di scuse di Sissy per tenersi il suo Bud, la sera che Bud vince il rodeo, e Sissy sta per scappare con Wes in Messico, che tenta di rapinare i dollari messi in palio nella cassa del locale. Bud e Sissy si riuniranno – si suppone per sempre – e il cattivo, Wes, viene sistemato. Film dalle atmosfere western, anche se i toni sono quelli della commedia lievemente drammatica, che non sfora, non esagera mai, ed è accompagnato da una colonna sonora magistrale. Il ritratto di un’America tenera e rissosa, innamorata dei propri valori, perdutamente illusa che l’american dream sia sempre e comunque realizzabile.
URBAN COWBOY
USA, 1980
Regia: James Bridges
Con: John Travolta, Debra Winger, Scott Glenn
commedia

 

©, 2007

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