CONFORMISMO E LIBERTA’ D’ESPRESSIONE
Gli uomini, i maschi, divenuti impotenti, hanno sviluppato fantasie di violenza, di stupro, di assassinio, e la loro sessualità, a dire di Wilhelm Reich (La Rivoluzione Sessuale – Feltrinelli, 1975), si è corazzata e intrisa di sensi di colpa (da una regolazione morale a una regolazione sessuo-economica). Le loro fantasie erotiche, avvolte nel peccato della violenza e della perversione, sono divenute foriere di omicidio, di femminicidio, di assurda incapacità di vivere l’orgasmo monogamico in assenza di vincolo, o costrizione (La Rivoluzione Sessuale). La promiscuità si è diffusa sull’onda del Mercato globale, come moda e come stile di vita generato dal consenso, a compensazione di una profonda incapacità a vivere le emozioni. Il Sistema costituito si è auto alimentato con la trasgressione, in quanto ha sancito che ognuno ha pure il diritto di mettere in pratica la non repressività anche all’interno del Sistema costituito; ciò è passato attraverso lo sdoganamento delle droghe, della promiscuità sessuale, delle stravaganze più estreme nell’abbigliamento – sino al poter girare nudi – e agli espedienti più folli della vita notturna.
Ma nella società costituita, questo genere di proteste si muta in uno strumento di stabilizzazione e perfino di conformismo, poiché non solo lascia intatte le radici del male, ma anche testimonia a favore dell’esistenza di una libertà individuale all’interno della repressione generale. (…) Un tempo questi sfoghi dalla repressione erano privilegio esclusivo – in condizioni normali – di una limitata classe alta, mentre in condizioni eccezionali venivano concessi anche agli strati meno privilegiati della popolazione. In contrasto a ciò, la civiltà industriale avanzata democratizza le autorizzazioni allo sfogo. Questa forma di compenso serve a rafforzare il governo che la consente, e le istituzioni che somministrano il compenso (Herbert Marcuse – prefazione alla edizione paperback di Eros and Civilization – Vintage Books, New York, 1962 – in Giovanni Jervis – introduzione a Eros e Civiltà – Einaudi, 1968).
Cosa sta succedendo all’Essere Umano? Basta seguire un telegiornale, per farsi un’idea immediata dell’ondata di violenza crescente che sta investendo la Società. Un’Informazione sempre più popolata da aggressioni e omicidi, soprattutto di donne, di mogli e fidanzate, con successivo suicidio da parte dell’assassino, quale visione ci sta offrendo? C’è una ragione nascosta nell’intimo dell’Uomo per dare un nome a questo incessante susseguirsi di atti di violenza? C’è nel suo passato, anche mitologico, un nome per tutto questo? Due delle parole chiave che potrebbero spiegare l’inaudita ondata di violenza e morte che sta colpendo l’Umanità potrebbero essere Narcisismo e Vampirismo. Vampirismo psichico, narcisismo e saccheggio delle risorse terrestri come parti di un unico e interconnesso discorso. Un discorso che è a sua volta interconnesso coi media di massa e con la manipolazione. Perché la manipolazione è un atto vampirizzante. E la violenza è un comportamento spesso appreso per imitazione, ma questo i media mainstream non lo dicono. La manipolazione avviene in molte occasioni della propria vita: al cinema, leggendo un giornale, vedendo una pubblicità, addirittura sentendo i discorsi di qualche conoscente. Quest’ultimo punto è molto importante, perché l’Uomo tende ad imitare, i suoi comportamenti sono spesso frutto di imitazione. Soprattutto in epoche conformistiche come l’attuale, dove tutti-fan-quello-che-fan-tutti. Dove tutti pensano alla stessa maniera. Guardiamo ad esempio il fenomeno dei tatuaggi, degli anelli al naso, degli orecchini dilatanti i lobi, dei capelli raccolti nei maschi: nati come simboli di rottura, sono diventati in pochi anni simboli di conformità. Leggendo Lungo viaggio al centro del cervello, di Renato e Rosellina Balbi – Mondadori, 1990 -, apprendiamo che l’imitazione nasce nell’Oligocene, tra i 33,9 e i 23,03 milioni di anni fa, quando l’antenato dell’Uomo era simile a una scimmia. L’imitazione, soprattutto se guidata, come in questi casi, da processi acritici e inconsci, si può ben considerare una regressione a fasi antiche, primitive dell’evoluzione umana (filogenesi), e rappresenta, nell’ontogenesi (sviluppo individuale) il bambino dal decimo al dodicesimo mese di vita. Non si può non ammettere che questi siano, dunque, comportamenti dettati da un profondo infantilismo di massa.
Infantilismo, passività e pigrizia mentale sono una fondamentale amalgama di deficit psichici sui quali i Governi confidano per garantirsi la sottomissione acritica, l’acquiescenza, la compliance, in assenza di una reale democrazia che garantisca i diritti dei cittadini. Il bisogno di appartenere a un gruppo, o sciame urbano (un coacervo disarmonico di persone, di solito giovani e manipolabili, catalizzate attorno a un oggetto evanescente che può essere un brand, un’idea politica priva di solide basi, un sub-principio di ribellione mediato da una canzone pop) è un altro fattore di acquiescenza, di imitazione infantile e di obbedienza, che porta a comportamenti livellati, e a esasperare il clima di uniformità che si respira oggi. Per ottenere la compliance, ogni establishment usa i mezzi in suo potere, illudendo, persuadendo, intimidendo e condizionando. Manipolando e falsando l’informazione. Il risultato più eccellente per un Governo è ottenere ottemperanza, obbedienza, conformazione da parte della gente in maniera volontaria, attraverso la manipolazione e lo stretto controllo sull’informazione, al fine di mantenere invariato il sistema di produzione del consenso, e garantire sopravvivenza alla Politica. La produzione del consenso, si garantisce grazie alla produzione di notizie ad hoc, avendo l’industria dell’informazione acquistato a pieno titolo la definizione di Settore Quaternario dell’Economia (in aggiunta all’Agricoltura, all’Industria, ai Servizi). Al giorno d’oggi, il sistema di potere e controllo si avvale della rete, anche per monitorare la compliance. Grazie al pervasivo scambio dei dati e delle merci che avviene in rete, emergono facilmente gli orientamenti e i gusti degli utenti, che, col conseguente tracciamento, la geolocalizzazione e l’estrazione dei dati, costituiscono il principale strumento di misurazione del consenso, una misurazione che avviene senza la consapevolezza dell’utente finale. Merci senza valore – per scambi altamente monetizzati – che il liberismo mette sul mercato a un prezzo sempre più alto. Le persone atomizzate sono disposte a pagare questo prezzo, pur di avere assicurata la pia illusione di non restare sole, isolate. Magari comprandosi un determinato paio di scarpe, che attesta la loro appartenenza a un determinato, effimero gruppo, sciame o tribù metropolitana, generati dalle mode, e destinati a dissolversi in altri gruppi, altre mode, il mese dopo, necessitando di altri oggetti d’appartenenza, altre scarpe, altri telefonini, altri accessori.
Tema fondamentale dei nostri giorni: quello dell’informazione manipolata da parte degli organi informativi di massa. 
Cosa resta della tripartizione dei poteri, oggi, in Italia? Sono ancora poteri “buoni” che si controllano a vicenda? O sono poteri “cattivi”, tutti d’accordo per controllare i cittadini?
Il tema del controllo, è legato a quello del conformismo, con cui abbiamo aperto questo scritto. Perché il controllo alimenta il conformismo. La compliance, come detto. Tutto il sistema economico e politico (che fanno un unico corpo) attuali si basano sulla compliance. Il dissenso vi è bandito. Guardiamo il caso di Julian Assange:
Per indagare lo stato dell’informazione libera e del giornalismo nel mondo non si può non fare riferimento alla storia di Julian Assange. Viviamo immersi in un flusso continuo di informazioni, in una società sempre più immersa nella rete. Siamo anche circondati da immense possibilità di comunicazione, eppure, ciò che manca è l’informazione indipendente, un’informazione che abbia il coraggio di raccontare quello che non funziona, di raccontare e dimostrare le malefatte dei governi, e solo qualche accenno di protesta arriva dalle testate che hanno pubblicato estratti dei documenti diffusi da WikiLeaks.
Sentirsi green solo perché si guida un’auto elettrica o un’ibrida alla spina è pura ipocrisia. Non abbiamo considerato l’intero ciclo di vita della vettura, e soprattutto delle batterie:
Per estrarre i minerali necessari alla costruzione delle batterie, alla loro fabbricazione e soprattutto al loro smaltimento una volta esauste, si produce CO2 e si inquina, un inquinamento che si aggiunge al discorso delle cosiddette terre rare, metalli necessari per produrre prodotti di alta tecnologia proprio in virtù delle loro proprietà chimiche, che vengono immancabilmente utilizzate da tutta la tecnologia verde, la cui estrazione ha un grande impatto ambientale, un problema che si verifica nelle fasi di estrazione e di raffinamento, in quanto le sostanze coinvolgono vari passaggi e cicli di filtraggi in presenza di acidi, generando consistenti scarti tossici con conseguente perdita di biodiversità e inquinamento idrico.
Emerge chiaramente che quella green è una ideologia e non una verità scientifica. Non dissimile da quella del politicamente corretto, dell’arcobaleno e del gender: feticci del pensiero, cui ribellarsi costa l’esclusione sociale. Il conformismo odierno è una vera e propria emergenza culturale, che sta portando verso un clima di repressione e censura, diffuso in tutti gli ambienti culturali, e reso possibile dai moderni strumenti tecnologici atti a condizionare l’opinione pubblica. Grazie al politicamente corretto, si è creato un clima di paura, che rende impossibile dissociarsi da quello che viene imposto come pensiero dominante.
Ribellarsi da ideologie di massa, cui la maggior parte delle persone sembrano essersi assuefatte, comporta una scelta individuale coraggiosa. Come abbiamo visto in apertura, aderire a mode e sciami, rinunciare a pensare con la propria testa, appartenere a una tribù più o meno allargata, agire e pensare in maniera omogenea, ci assicura di essere accettati, di non finire per essere isolati. Il pericolo è l’esclusione. E tutti i messaggi mediatici sono diretti a far percepire questo pericolo, sulla base di un tacito ricatto. E’ proprio sulla base di questo ricatto, con la minaccia dell’isolamento e dell’ostracismo, della solitudine e dell’impoverimento, che il Sistema (alimentato dalla cultura del mainstream) si automantiene.
Oggi l’artista è l’individuo più conformista che ci sia nella società. Il sistema del mainstream è quello delle notizie che si ripetono sempre uguali a se stesse, alimentando dibattiti che avvengono solo su argomenti marginali, ed è l’apparato di promozione artistico per quegli artisti che si dichiarano allineati al pensiero dominante, sempre presenti anche nei talent show, nelle trasmissioni musicali, nelle pagine di spettacolo su riviste e quotidiani, le cui porte si aprono e chiudono non solo in base al talento degli artisti, ma in base al loro allineamento al pensiero dominante.
E’ sotto gli occhi di tutti, come anche l’Arte oggi sia prona, asservita al Potere. Le logiche editoriali sono pervase dallo psicoterrorismo di editor e agenti che plasmano la stessa coscienza critica degli scrittori, costretti a sottomettersi a politiche di mercato che spengono in loro ogni luce creativa, in nome di una produzione in serie senza più alcun slancio né ideologico né estetico. Leggere un libro è come leggerli tutti, ascoltare una canzone, è come ascoltarle tutte. L’ultimo attacco alla libertà d’espressione, il Potere lo ha sferrato proprio nella testa degli artisti. Di coloro i quali, Fabrizio De Andrè diceva: “l’artista è un anticorpo che la società si crea contro il potere, se si integrano gli artisti ce l’abbiamo nel culo!”
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