La Maschera di Jean Cocteau
GUERRA E POTERE
Scrivere di Jean Coctaeau significa affondare letteralmente le mani nella melassa, o nella marmellata, e tirarle su intrise di surrealismo, dadaismo, scrittura automatica, sperimentalismo, cinismo, anarco anti bellicismo, sessualismo (ho scritto sessualismo e non sessismo!) decadentismo omo edonistico, ecc ecc…
Ai miei tempi, ai tempi in cui io frequentavo l’Università, non Ci era molto simpatico: appartenente a quel milieu culturale alla Samuel Becket, dove anche un gesto o una scoreggia sanno di Arte… ci siamo capiti… a quella Francia o Parigi che si proclamò Capitale del XX° Secolo, e dove la parola, il gesto, lo scarabocchio, la scoreggia e la pernacchia calligrammatica alla Apollinaire – o alla Raymond Queneau – giunsero alle orecchie di un Umberto Eco divenendo archetipi della Semiologia, rompendoci i maroni sino ai giorni Nostri.
Scherzi a parte, Jean Cocteau è un Monumento all’Arte quale Gesto, in lui il Segno si fa Eterno, come un “Taglio” di Lucio Fontana. Non ci sarebbero stati scrittori epigoni quali André Pieyre de Mandiargues (Parigi, 14 marzo 1909 – Parigi, 13 dicembre 1991) coi loro romanzi come “La Motocicletta” e “Il castello dell’Inglese” senza “Thomas L’Impostore” del Maestro e predecessore Jean Cocteau.