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Guillaume Apollinaire

Lucarini editore che resiste all’usura del tempo

Lucarini editore che resiste all’usura del tempo
Siamo giunti quasi nel 2021, ventunesimo anno del ventunesimo secolo, e molto ormai abbiamo visto e letto, molta polvere si è depositata sul mondo e altrettanta il vento ha spazzato via. Cosa ci resta da fare, da sognare, da leggere e da scrivere, quando tutto il fattibile, il sognabile, il leggibile e lo scrivibile sono stati fatti, sognati letti e scritti? Non ci resta che tornare a quella classicità, a quell’ordine formale della tradizione, che il tempo non scompone in mille frammenti, che il nichilistico divenire moderno non disgrega.
Risale al 1990 o giù di lì la mia scoperta della Casa Editrice Lucarini. La riscopro con molto piacere oggi, preso dal desiderio di riandare alle letture di quegli Anni della mia formazione.
Prendere in mano uno di quei libri, ad esempio i Racconti Ritrovati di Guillaume Apollinaire, significa trovare intatta la stessa fragranza di quel leggere lontano. Il tempo, forse, non è mai passato su queste pagine, non le ha mai fatte invecchiare. La prefazione di Rita Stajano mi riporta ai bacari veneziani dove lessi avidamente questo libro, avendo scoperto – in Campo San Maurizio – il nome di Guillaume Apollinaire su una targa che ricorda il poeta Giorgio Baffo.
Venezia – Campo San Maurizio
Non propriamente tradizionale fu Apollinaire ai suoi tempi, anzi, fu un Autore nettamente di avanguardia. Tuttavia, i suoi calligrammi potrebbero essere letti in una chiave che lo avvicina alle tradizioni antiche di culture arcaiche, induiste o dell’Antica Grecia. Con Racconti Ritrovati l’Editore Lucarini rende possibile la scoperta dei molti orizzonti narrativi di Apollinaire, la guizzante fantasia di un poeta sempre alla ricerca di una nuova direzione da prendere, forse interprete di un nichilismo attivo che lo spingeva a far perdurare l’istante faustiano, ossia, a far sì che permanesse in lui il fuoco creativo di una ricerca costante, che in tal senso, al di là dell’avanguardia cui apparteneva, esprimeva una sua intrinseca classicità. Resta però anche il fatto che, a far guadagnare l’appellativo di “classico” a un Autore che Classico non fu, ma destrutturatore di ogni schema precostituito, cubista e futurista, ovvero, appartenente a quei movimenti novecenteschi chiamate avanguardie, vi è il tempo trascorso, le due guerre mondiali intercorse nel frattempo, il depositarsi della Storia in un passato ormai percepito come immobile. Una lettura attuale di uno dei più recenti fenomeni di Avanguardia, ovvero Charles Bukowski, risente anch’essa di questa suggestione, laddove il tempo trascorso, e il poco spessore umano e letterario degli Autori venuti dopo, ci fanno guardare agli Anni ’80 e ’90 americani come a un eldorado di Bellezza e di forma, quando invece quegli Autori alla bellezza e alla forma vollero ribellarsi.

Forse non si è mai contenti del presente, e si vede nel passato l’unica dimensione ove risieda il valore. Camminavo per Venezia alla scoperta di chiese e Opere d’Arte, sempre con un libro fra le mani, di volta in volta poteva essere Apollinaire come Nietzsche, Thomas Mann o Goethe. La mia sete di passato trovava in Venezia il suo appagamento. Allora non compresi sino in fondo il Nietzsche del Volume contro la Storia, ma trovai nelle bellezze di quella città la dimostrazione di quanto l’arte e la religione fossero espressione della grandezza umana, di coloro che “formano una sorta di ponte sul selvaggio fiume del divenire”. Stavo cercando anch’io un “ponte” che mi traesse fuori dall’inquietudine del divenire, e mi rispecchiavo però nella intelligenza inquieta e serpeggiante di questi Autori che – come me, e non mi aiutavano affatto, solo Alessandro Gertschl ci riuscì molti, ma molti anni dopo – stavano cercando di trasformare il Veleno in Medicina.
L’asistematicità di Nietzsche mi influenzò a tal punto, da rendere la mia formazione un percorso privo di un fine. Avevo ben fermo, presente, in me, il desiderio di leggere, di studiare, di formarmi spiritualmente ancora prima che culturalmente. Non trovavo interessante lo studio universitario, che presto abbandonai, e mi immersi in letture del tutto asistematiche. Fu così che mi incontrai con un altro bellissimo libro della Casa Editrice Lucarini, Eva Ultima, romanzo di Massimo Bontempelli. Si tratta di una lettura che feci troppo presto sui miei tempi, avrei dovuto farla almeno una quindicina di anni dopo per coglierne il senso filosofico, in quanto anticipa di mezzo secolo un favoleggiare fantascientifico sugli androidi e l’amore che un umano può provare per un robot, che io avrei approcciato solo con il diffondersi e l’utilizzo del www. Ma fatta fuori tempo, la potei godere con cuore ancora vergine, farmi da essa invadere come da un sogno ad occhi aperti. Lentamente, mi stavo allontanando da Venezia, anche se, in verità, l’ultima pagina di quel libro la lessi su una motonave a Punta Sabbioni. Stavo entrando in una sorta di modernità del mio percorso auto-formativo, in quell’azione che Nietzsche tanto invocava. In me vi era in fase nascente il desiderio di aderire maggiormente alle cose, di essere chiamato verso l’azione.
Altre e molte altre letture si susseguirono in quegli Anni, finché non giunsi alla letteratura horror, ai Gialli Mondadori, all’ Hard Boiled, a Giorgio Scerbanenco.
Il senso del moderno, dell’attuale, di quel mondo metropolitano che avevo sempre rifuggito, mi si offriva nei racconti horror Ectoplasm di Clive Barker, mi avrebbe ancora più impressionato in American Psycho di Bret Easton Ellis, ma trovava la sua spiegazione e la sua origine nel vittoriano Bram Stoker, di cui non lessi mai Dracula nella versione completa, ma solo il libricino (apocrifo) L’ospite di Dracula, edito da Lucarini.
Dunque… anche nella modernità, segnata dal divenire, dal flusso del tempo che tutto corrompe, si può trovare uno scoglio nella corrente, un punto di riferimento, per me lo furono certe Case Editrici, fra cui la Lucarini.
Lucarini editore che resiste all’usura del tempo
Massimo Bontempelli – Eva Ultima – Ed. Lucarini

©, 2020

 

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