
AMORE VIAGGIO e LENTEZZA

Dame di granito, Principesse che ho sedotto, con gentilezza, con intelligenza, perché, a quei tempi, la “violenza” tecnica, in alpinismo, non esisteva ancora – del tutto – e si saliva, in purezza, a volte slegati, senza protezione, a mille metri da terra, e queste bellissime, altere, Principesse di Granito – potenzialmente vendicative – se avvertivano il tuo Amore, la tua dolcezza, nei loro riguardi, ti risparmiavano, non ti tagliavano la testa.
Ho amato le montagne, tanto quanto poi le donne, e la pelle delle donne, il suo odore, la sua consistenza, è sempre diversa, come diversa, è sempre la roccia, che avverti sotto il palmo delle mani, o la pianta dei piedi, se ti arrischi ad arrampicare scalzo, per raggiungere una fusione completa, con la Dea, in una sorta, di amplesso tantrico.
Ivan Guerini (insieme a M. Villa), difatti, giustamente, chiamò una delle sue vie, uno dei suoi tanti Capolavori, nel 1976, “Il risveglio di Kundalini”.
Qui, siamo in Val Bregaglia (e Masino), dove – peraltro – viveva il grande scultore Alberto Giacometti, al quale, successivamente, mi appassionai (magnifica coincidenza), dalla cui biografia, venni a sapere che suo zio, o cugino, o padre (purtroppo non ricordo) era addetto alla funivia di Vicosoprano, la quale, diverse volte, mi portò all’attacco di vie spettacolari, nel possente Teatro d’Azione dell’Albigna.

Qui, in Val Bregaglia, si può assaporare, vivere, impaurirsi, di un sentimento che, i Romantici, chiamarono “Sublime”, il quale non esclude il brutto, il terrifico. Ma siamo – anche – a due passi, subito dopo aver superato il Maloja, da un altro ambiente, più arioso, aperto, sereno, fatto di pascoli distesi, e diademi di neve, che brillano, lontani, ovvero, la Valle Engadina, tanto amata da Friedrich Nietzsche.
E se la Val Bregaglia potrebbe essere paragonata alla “Sinfonia n. 2 in Do minore – Resurrezione” (dai toni inizialmente ferrigni e cupi) di Gustav Mahler (anche lui, amava l’Engadina, ma sua moglie, che vi si aggirava nuda, in cerca di solari estasi erotiche, lo fece quasi impazzire), l’adiacente Engadina, invece, potrebbe suscitare l’ascolto della
“Sinfonia n. 6 Pastorale” di Beethoven.
Come a dire, nella “Nascita della Tragedia” (Nietzsche): Dionisiaco e Apollineo.
COROLLARIO

Partire dall’assunto di Charles Baudelaire: nel viaggio, non è importante la meta, ma il viaggiare. E giungere alla conclusione: nel rapporto sessuale, non è importante l’orgasmo, ma il gioco stesso, tanto che all’orgasmo il gioco potrebbe portare, ma in una ottica tantrica sarebbe meglio non vi portasse. Se da un lato, lo svogliato percorre le strade della vita senza alcuna meta precisa, ma raccogliendo a 360 gradi materiale estetico, umano, poetico, in gran quantità, godendosi – per così dire – il paesaggio dal “finestrino”, il determinato alla “meta”, non raccoglie nulla, perché ha i paraocchi, che lo costringono a una mancanza di visione esterna, laterale.
L’alta velocità è la negazione del “Viaggio” baudelaireiano, e il prevalere dell’infimo concetto di “spostamento” da una meta all’altra, che ha ridotto la nostra penisola in una unica, grande metropoli, dove è sparito il senso dell’ignoto, della sorpresa, dell’attesa. In spostamenti che hanno il sapore senza sapore di un panino scipito.
In Ricordi di palestina, Matilde Serao invoca la lentezza per poter godere delle bellezze della Terra Santa, ma non può sottrarsi alla fuggevolezza e alla “volgarità” (sue parole) di quel viaggio in treno da Jaffa a Gerusalemme, in cui “Il treno è troppo rapido” e “voi sapete tutto ma non vedete nulla, voi non afferrate nè una linea nè una tinta, voi non capite più niente” (…) “Voi sapetre bene di passare, correndo, fuggendo, per quella pianura di Saron, dove i Filistei vinsero i figliuoli d’Israele e presero loro persino l’arca della Santa Alleanza; che il treno lascia indietro la valle di Saron dove Dalila sedusse Sansone e lo mandò prigioniero cieco, ma vinto, a Gaza: che, dopo, più in alto, voi vedete o non vedete la valle dei Giganti, dove Davide vinse i Filistei. Più avanti, forse, non vi è la tomba del vecchio e fedele Simeone, che tenne nelle sue braccia il Divino Fanciullo e chiese umilmente al Signore di richiamare a sè il proprio servo, giacchè aveva vissuto abbastanza per vedere il Messia: non è forse quello, lassù, il monte del Cattivo Consiglio, dove i farisei si riunirono con Caiphas, per deliberare la morte di Gesù?”
Nel “Pranzo di Babette”, la Blixen ci racconta tutto, fuorché il pranzo – subito consumato – ma la sua lunga, lenta, estenuante, preparazione.
Ma torniamo ai miei Amori, alle Montagne. Mi sentivo spesso dire: “Giunto in cima, chissà che bel panorama si deve godere!”. Cosa rispondere? Stavo zitto, al limite, assentivo scoraggiato, di fronte alla mole di spiegazioni che avrei dovuto dare, tentando, sempre senza molto successo, di spiegare che, del panorama, a un alpinista, non gliene frega niente. Rischiare la vita, realmente, per un panorama? Salire una parete sul versante alpinistico, per godersi il panorama, quando, dal versante opposto, ci sarebbe una comoda funivia, che porterebbe ugualmente in vetta? Assurdo. … AMORE VIAGGIO e LENTEZZA …

Ci sono Vie di salita, aperte negli anni ’70, che si risolvono ben prima della vetta, a sconfermare il vecchio, Vittoriano, ideale eroico della conquista della cima. Quello che conta, è il Gesto. Così, fu per Lucio Fontana, giunto a maturazione di un percorso iniziato dal figurativo, tagliare la tela col temperino. Gesto. Il Gesto, se ne frega di ogni finalità, di ogni meta, ha valore, in sé.
©, 2013
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