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You Keep On moving

You Keep On moving

 

Salgo sul Ring.
Sono un vecchio, ormai.
Sovrappeso.
Buono solo per i sottoclu.
Nemmeno per l’ultimo dei sottoclu.
Ma quello d’apertura. Che la gente non vede nemmeno, perché è ancora intenta a fare il biglietto al botteghino.
KEEP ON MOVING mi gridano i secondi, dall’angolo. Scappa, muovi le gambe, scappa.
La spugna è sempre intrisa di sangue e di muco.
Sono un uomo e un pugile finito.
KEEP ON MOVING…

Quando scendo da un taxi, e qualcuno sbatte troppo forte la portiera, mi viene un mancamento.  Sono troppi i tonfi che ho ancora alle orecchie, del mio corpo che cade al tappeto. Vorrei che nulla e nessuno me li ricordasse.
L’annunciatore non dice più, al microfono, il mio vecchio nome di battaglia: Luciano Snake Brandi.
Più che un serpente, ormai sono diventato una biscia innocua, che un bambino può schiacciare sotto i saldali.
Sono finiti i tempi che Luciano Snake Brandi riempiva gli stadi. In sottoclu importanti.
Una volta, dopo di me, De Carolis saliva sul Ring. E vinceva. Lui, sì, che vinceva.
Non ho mai sfidato nessuno per un titolo. Nessuno mi ha mai voluto sfidare, per togliermi ciò che non ho mai avuto.
KEEP ON MOVING
Mancano due fottute riprese. Mi sta massacrando. Tanto vale, cadere prima, e finire con questo supplizio. Il premio di consolazione, cinquanta euro, lo prendo lo stesso.
Ora mi butto giù.
Sono caduto, l’arbitro mi sta contando. Dò qualche scatto nervoso con una gamba, tanto per essere un po’ credibile.
I secondi non mi accompagnano nemmeno allo spogliatoio.
MI SONO FERMATO. HO SMESSO DI VUOVERMI
Do not move anymore…

@@@
DO NOT MOVE ANYMORE
… me lo dirò sempre, d’ora in poi…
Mangio qualcosa in un china … del riso con verdura…
Vado su una Chat. Almeno, mi procuro una donna, dopo tanto tempo…
Mi dà appuntamento fra mezzora. Devo sbrigarmi.
La vedo da lontano. E’ bellissima. Bionda e statuaria.
FORSE DOVRO’ RIPRENDERE A MUOVERMI UN PO’.
A meno che non faccia tutto lei. In effetti, sono molto stanco, stanotte.
Non tiravo più fuori l’uccello solo per pisciare da tre anni.
E’ una russa. Si fa chiamare Maya.
Mi fa strada. Lì vicino, ha una stanza.
Sul Corso Buenos Aires le vetrine sono tutte illuminate, ma deserte. Le macchine sfrecciano in ambo i sensi. Vuole che le offra un drink. Così, è.
Una negra litiga con un pusher. Stanno per venire quasi alle mani. Io non la difendo. Stasera, ho già dato. Al massimo, qualcun altro chiamerà la pula.
@@@
Saliamo in stanza. Una sirena è arenata nel traffico. Grida nella notte.
Mi ordina di spogliarmi. Del tutto, e di mettere il portafogli bene in vista. Eseguo.
Viene a darmi un bacio, con la lingua, mentre con una mano si fa volare via le scarpe col tacco.
Le faccio scendere la cerniera, sulla schiena.
Il vestitino nero, crolla come una buccia ai suoi piedi. Sotto è nuda.
Le lecco le natiche.
Mi diventa duro.
Lei si volta con un magnifico sorriso. Ora le lecco la passera.
Ma trovo qualcosa che non volevo trovare.
«Non sei contento?», fa lei, … o lui…
«No», dico io.
Faccio per rivestirmi.
«Mi devi pagare l’uscita.»
«Vaffankulo.»
Sono di spalle, qualcosa di metallico come il calcio di una rivoltella, mi colpisce alla testa.
DO NOT MOVE ANYMORE.
Sto ricordando queste cose in Pronto Soccorso. Dove sono finito con una prognosi di tre giorni.
DO NOT MOVE ANYMORE.

 

©, 2017

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