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La chiesa votiva del Santissimo Redentore, più nota semplicemente come il Redentore, è un importante edificio religioso di Venezia progettato dall'architetto Andrea Palladio nel 1577 sull'isola della Giudecca. All'interno sono esposte opere di Domenico Tintoretto, Paolo Veronese, Palma il Giovane, Francesco Bassano, Alvise Vivarini, Pietro della Vecchia. È tradizionalmente il fulcro della grande festa del Redentore, celebrata la terza domenica di luglio a memoria del pericolo scampato di una pestilenza che colpì la città nel 1575. Il duomo dei SS. Pietro e Paolo di Villafranca di Verona è una copia pressoché identica della chiesa del Redentore. (Wikipedia)

BODY ART elzeviro sulla vita l’amore Venezia e le montagne

BODY ART elzeviro sulla vita l’amore Venezia e le montagne
La Body Art si compie nel fluire dei giorni In una sola vita ne viviamo di molteplici Unus ego et multi in me Siamo soli Perdutamente soli. 
Libro delle metamorfosi e delle modificazioni. La vita è un libro. Un libro che a volte non si fa leggere. Ma quando riesci a leggerla, la vita, ti si apre come un libro d’amore avventura tristezza solitudine allegria felicità mediocrità inanità valore buon umore coraggio pigrizia codardia generosità avarizia onestà ladroneria sincerità e falsità unite come tante perle, in una collana, pagina – dopo pagina / si legge / e scorre.
La leggi, e non si finisce mai di imparare, da te e dagli altri. Non c’è conoscenza che prescinda dal gioco degli specchi. Nulla viene dal nulla. Tutti impariamo dal passato. E dal prossimo. Con cui cantiamo le Nostre canzoni.
Impariamo anche / da chi ci sta di fronte.
Confrontarsi. Camminare. Sono l’unica vera ricetta della vita. Voltarsi troppo spesso / però / può compromettere il cammino. I fantasmi del passato hanno la capacità di sedurci. Sì / ti dici / sono solo fantasmi / sì… Il presente è l’unica cosa che conta. Il presente è un coagulato del tempo. Il tempo si rapprende in Noi come una goccia di sangue. Il Nostro sangue.
Di fronte a me ho un uomo. Mi sta di fronte da vent’anni / circa. Il mio specchio. La mia rêverie. Da lui ho imparato molto, quasi tutto. Goccia di sangue anch’egli del Tempo. Che si è mescolata al mio /// Body Art.
Venezia è un capitolo fondamentale / della mia vita. L’alpinismo e la Val Bregaglia ne son state l’introduzione. Son passati più di vent’anni. La Body Art non si fa solo con lamette e pennelli. Ma anche con chi ci sta / di fronte.
Parlando. Confrontandosi serratamene. Io-Tu.
Il compiersi di un Noi. Il compiersi di uno spazio / condiviso.
Un parapendio sorvola Cinisello. Lo vedo a 500 metri d’altezza. Deve essersi staccato dalle parti di Valmadrera. Forse è lui, il mio amico Dante Porta, lui, il mio vecchio mentore che mi segue, che veglia su di me, dall’alto. Se penso al Dante, alle Nostre scalate in Val Bregaglia, quante vite posso aver vissuto? Due? Tre? Avevo 15 anni. Sospeso a mille metri d’altezza, su quelle placche centrali della Via Giovanoli. Vorrei ricominciare da capo. Vorrei azzerare il tassametro. Ma la corsa è fatta, ora la devi pagare. Non è così male, se ci penso, scendere da questo maledetto taxi. Lungo il percorso, mi son rifatto il guardaroba. Scendo, eh sì, sono pur sempre io, ma in abiti diversi. La Body Art è una affascinante corsa in taxi. Lui, il mio mentore, il mio specchio, la mia rêverie, si fa pagare la corsa. Lo fa da vent’anni. Eh sì, il taxi è costoso, ma ne vale la pena.
Vorrei non finisse mai, questo magico momento. Attimo fermati, sei bello. Ma se chiudo gli occhi, sento che il tempo riprende a scorrere. Riprende a corromper / mi. Ho scampato molti funerali. Chissà, forse riuscirò a scampare pure il mio.
Quanti funerali mi son perso.
Mi perderò pure il mio.
Ah, la morte. Questo spettro che ti ghermisce sempre, intorno alle due di notte. Stanotte / non ci penso.
Eppure, l’effetto del troppo whisky svanisce, e ti lascia nudo, crudo, con il freddo nelle ossa. E il timore della morte dietro la porta. Ascolti “Midnight Cowboy” di John Barry, ascolti il soffio, il vento, la voce della Frontiera, e allora ti risollevi, in un gesto di sbattito d’ali, ti risollevi, ti innalzi sui deserti solitari, e riscopri di esser vivo, di aver ancora giorni davanti, a te. Da vivere.
La notte è appena iniziata. Andrai a letto solo quando avrai finito questo pezzo. Sono le due. Interi vasti deserti hai ancora da superare.  
Era una dolce, profumata serata di luglio. Dai pini si levava il sentore dolciastro e pungente della resina, lassù, in quella remota propaggine dell’Alto Adriatico. Lei era C***, il mio amore friulano. Sì, questo è il deserto più difficile da attraversare. Ma ci provo. Hemingway sarebbe diventato un altro mio mentore, dopo Dante Porta e dopo Giovanni Comisso. E C*** aveva negli occhi la luce di una eterna vacanza.
E con lei andai a vivere in Cannaregio, proprio accanto alla Madonna dell’Orto.
Al Museo Correr della Regina vidi con C*** dei bellissimi disegni di Le Corbusier. Mi innamorai dell’architettura. Mi misi a disegnare il Redentore. Un inverno freddo. La Sacca Sessola quando tirava vento era un bacino di onde infernali. Cenavamo al Vecio Canton, tra Santa Maria Formosa e Fondamenta San Lorenzo. C***, ti ricordi di queste serate? Eravamo troppo giovani, io soprattutto, per renderci conto dell’importanza del Nostro Amore. Io soprattutto. Devi scusarmi, proprio di tutto.
Finì, con C***, forse perché io avevo travisato la vita. La luce che lei aveva negli occhi, non era quella che alimentava i miei. La vacanza appartiene alla fanciullezza. Io ero ancora troppo bambino, per dare a C*** l’Amore adulto che lei meritava.
Continuo, tuttavia, ad amare Le Corbusier. Non ho più smesso di dipingere il Redentore. I miei abbozzi non si contano. Continuo, da allora, a studiare la vita. La studio. Non la vivo appieno. Mi limito a guardarla.
Guardo i parapendii. Guardo le montagne. Guardo le donne. Dipingo. La vita fluisce, e io non invecchio. Amo la vita. Amo il suo scorrere. Ma io non invecchio. Non invecchiare è una maledizione.
La Body Art si compie nel fluire dei giorni. In una sola vita ne viviamo di molteplici. Unus ego et multi in me. Siamo soli. Perdutamente soli. Ma quando abbiamo la netta percezione di questo stato di cose, forse è il momento che il libro della vita si apre /// e inizia a farsi leggere. E allora non siamo più così soli. Dall’Io passiamo a un Tu. E nel dialogo con un Tu passiamo a un Noi. A uno spazio condiviso. A uno spazio di dialogo, in cui il silenzio si dissolve. In cui la parola prende vita. In cui la vita si fa finalmente vivere, e amare. Unus ego et multi in me. Metamorfosi. Vita. Body Art. 
 
Una giusta colonna sonora, a queste memorie  in questo duro settembre 2011 –
dedicato a Paola.
©, 2011
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