CORRADO ALVARO

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CORRADO ALVARO
Compì i suoi studi liceali a Catanzaro dove nel 1913 conseguì la licenza liceale e dove rimase fino al gennaio del 1915, anno in cui partì militare per combattere la Prima guerra mondiale. Fu assegnato a un reggimento di fanteria di stanza a Firenze. Ferito nei pressi di San Michele del Carso, nel settembre del 1916 è a Roma, dove comincia a collaborare a Il Resto del Carlino e, quando ne diventa redattore, si trasferisce a Bologna insieme alla sorella Maria. L'8 aprile del 1918 sposa la bolognese Laura Babini. Nel 1919 si trasferisce a Milano come collaboratore del Corriere della Sera. Sempre nel 1919 consegue la laurea in Lettere all'Università di Milano. Nel 1921 diventa corrispondente da Parigi de Il Mondo di Giovanni Amendola; collabora al giornale satirico Becco giallo. Nel 1925 è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Tuttavia, nel 1934, pubblica un reportage sulla bonifica della Agro pontino per le edizioni dell'Istituto fascista di cultura, che gli verrà rinfacciato come apologetico del fascismo nel dopoguerra; si giustificherà, in Ultimo diario, scrivendo: «Lo scriverei anche oggi, se qualcuno bonificasse qualche cosa, chiunque fosse, essendo io legato al lavoro, alla terra, alla sofferenza umana». Si reca nel 1928 a Berlino, dove continua la sua attività di giornalista, collaborando con La Stampa e con L'Italia Letteraria (per cui il 14 aprile 1929 intervistò Luigi Pirandello). Torna in Italia nel 1930, ed è in visita in Turchia nel 1931 e in Russia nel 1935. Quindi, dal 1937, collabora con la rivista Omnibus di Leo Longanesi con diversi articoli sulla Rivoluzione d'ottobre del 1917 e la società sovietica. Nel 1938 pubblica L'uomo è forte, un romanzo realizzato dopo un viaggio in Russia; una critica del totalitarismo comunista e non solo, con cui si aggiudica il Premio dell'Accademia d'Italia per la letteratura, ma che gli vale l'accusa di fascista da parte di Giacomo Debenedetti. Nel gennaio del 1941 torna per l'ultima volta a San Luca per i funerali del padre. Tornerà invece più volte a Caraffa del Bianco a far visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese. Dal 25 luglio all'8 settembre del 1943 assume la direzione del Popolo di Roma, del quale era già stato critico teatrale tra il 1940 e il 1942. Costretto alla fuga dall'occupazione tedesca di Roma, si rifugia a Chieti sotto il falso nome di Guido Giorgi. A Chieti si guadagna da vivere impartendo lezioni d'inglese. Nel 1945 fonda, con Libero Bigiaretti e Francesco Jovine, il Sindacato Nazionale Scrittori, nel quale fino alla morte ricopre la carica di segretario , e la Cassa Nazionale Scrittori. Sempre nello stesso anno, per sole tre settimane, dal primo al 23 marzo è primo direttore del Giornale radio nazionale della Rai, nominato da Luigi Rusca, incaricato dal governo Bonomi di rifondare e gestire l'azienda radiofonica. Dal 7 marzo al 15 luglio 1947 assume la direzione del quotidiano Risorgimento di Napoli di proprietà di Achille Lauro. Alvaro imprime una netta svolta a sinistra che lo mette in rotta con l'editore, il quale lo spingerà alle dimissioni nel luglio dello stesso anno. Nel 1949 pubblica la tragedia Lunga notte di Medea incentrata sul mitologico scontro di Giasone e di Medea, riletto come opposizione fra l'uomo stanco di eroismo e chi anela ancora al gesto eroico, da cui traspare - secondo Giorgio Bàrberi Squarotti - una «nostalgia "reazionaria" di intatti ideali, di mitica santità di principi, al di là della storia». Nel 1951 vince il premio Strega con Quasi una vita. Il 1951 fu l'anno della cosiddetta "grande cinquina" nella quale figuravano, oltre a Quasi una vita di Alvaro, L'orologio di Carlo Levi, Il conformista di Alberto Moravia, A cena col commendatore di Mario Soldati e Gesù, fate luce di Domenico Rea. (Wikipedia)

CORRADO ALVARO

Scrittore e giornalista impegnato, Corrado Alvaro (San Luca in Calabria, 1895 – 1956). Dire le cose sino in fondo, sino a pagarne le conseguenze, era la sua scelta di uomo proteso nella ricerca di un ideale umano, che andasse oltre le strette imposizioni dei tempi. Con le sue tesi, abilmente diluite in novelle senza tempo, e perciò ancora attuali, tragiche e realistiche, Alvaro ci ha dato una grande lezione di coscienza civile. L’atavica povertà del Sud, le condizioni di privazione delle sue genti, hanno ispirato gran parte della sua ampia produzione. Eccelleva soprattutto nella novella Alvaro, forse per il pregio che, la brevità, ha di contenere più verità, più schiettezza del romanzo. Le sue storie hanno un sapore amaro. Difendeva la sua gente, Alvaro, contro i meccanismi sociali che l’avrebbero voluta schiacciare. La sua Opera è un ritratto di un Sud sofferto, tragico, stillante sangue dalle sue molte ferite aperte. Ciò che più attirava il suo interesse era l’ingiustizia sociale, il sopruso, la violenza contro gli umili. Di questi umili, ritratti con realismo e grande pietà, Alvaro ci ha regalato spaccati di vita vissuta nella miseria e nella mancanza di ogni speranza. “Un fatto di cronaca” (1955) è fra i suoi libri più celebri, più riusciti, e merita una lettura anche oggi, perché la scrittura di Corrado Alvaro sa darci occhi anche per guardare il presente.

©, 2006

 

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