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IL LINGUAGGIO DELLA PANDEMIA
L’emergenza nata con il diffondersi dell’epidemia di Covid-19 ha toccato, oltre alla salute personale, anche la nostra sensibilità verso i fatti, gli avvenimenti e le persone, modificando profondamente le nostre abitudini e il nostro modo di esprimerci. Il linguaggio ha visto così svilupparsi una serie di nuovi termini ed espressioni, in un arco di tempo incredibilmente breve, definendo nuove regole di comunicazione e nuove forme lessicali.
Daniela Pietrini ci accompagna con questo libro, caratterizzato da una narrazione puntuale e precisa, all’interno di una vera e propria indagine linguistica, esaminando il variare delle modalità comunicative italiane, ma guardando anche verso lingue d’oltralpe (soprattutto francese e tedesco), per mostrarci come la pandemia abbia radicalmente cambiato i nostri rapporti e i conseguenti modi di esprimerli, e di esprimerci.
Partendo dal fatto che buona parte del “lessico del contagio” si sia formata in ambito internazionale, nasce spontanea la domanda su come interpretare e quindi come “classificare” eventi, comportamenti e regole del tutto, o in parte, nuovi, con una riflessione su parole chiave, neologismi e termini specialistici utilizzati durante l’emergenza sanitaria.
L’autrice ci aiuta a comprendere la complessità dei flussi comunicativi tra diversi ambiti umani (dal giornalismo, alle istituzioni, dalla scienza ai più comuni social network) indagando quella selva di neologismi nata con il Covid19. Sottolineando la specificità del fenomeno, che ha visto diffondersi tanto rapidamente il virus quanto la quantità dei nuovi termini atti a designarlo, rimaniamo stupiti dal numero di nuove parole nate nella lingua italiana (cit: “difficile, se non impossibile, dar conto in maniera esaustiva della grande quantità di neologismi legati al coronavirus, che compongono inevitabilmente una lista fluida in continuo aggiornamento”).
Nel caso in cui non si sia trattato di specifici neologismi, ma di lemmi già in uso, mantenuta la vecchia forma, ne è variato talvolta il significato (vedi ad esempio “tampone”, prima semplicemente inteso come batuffolo usato in caso di emorragia, e relativo verbo “tamponare”, uscito dall’ambito automobilistico o dal significato principale di mezzo con cui porre rimedio a una situazione difficile, ora più comunemente associato all’idea di effettuare un test per la positività al virus). Proprio “covid”, l’acronimo che costituisce il nome della malattia, è passato rapidamente da nome tecnico dell’infezione a elemento lessicale alla base di vari neologismi, formati per derivazione (“ante-covid”) per composizione (“paziente covid”), per accostamento (“covid-free”) o per imitazione (il “docente zero” ovvero il primo docente colpito da un certo provvedimento, nato sulla chiara falsariga di “paziente zero”). Di questi neologismi potremmo citare una corposa moltitudine, anche se va detto che la loro creazione non è così anomala, ma è invece la caratteristica di ogni lingua viva che adatta se stessa ai cambiamenti in atto nella società di pertinenza.
Daniela Pietrini ha il merito di eseguire una disamina attenta di neologismi, contenuti social e persino meme, grazie alla quale mette in luce come l’influenza di una lingua sull’altra e la reciproca contaminazione siano in realtà il riflesso del diffondersi e della contaminazione del virus stesso, che viaggia in parallelo alla lingua.
Anche all’estero il fenomeno non si è svolto tanto diversamente. Le varie lingue si sono trovate tutte di fronte alla necessità di denominare concetti e provvedimenti dello stesso tipo e spesso le singole denominazioni sono passate da un paese all’altro e da una lingua all’altra influenzandosi a vicenda (un esempio su tutti, il termine inglese “lockdown” che in Italia ha presto sostituito “coprifuoco”, “serrata” o “clausura”.)
Dalla politica (interessante l’analisi dei discorsi di Emmanuel Macron e Angela Merkel), al ruolo della stampa nella creazione di locuzioni specifiche (vd. aerosolizzare, contingentare, compartimentare), alla scuola, fino alla moltitudine di tweet e hashtag che hanno popolato le nostre giornate di confinamento forzato (Milanononsiferma, ma poi si è fermata…). Quello di Daniela Pietrini è un libro ricco di spunti di riflessione, di collegamenti e di accurati approfondimenti, utili a capire come i cambiamenti abbiano necessità delle relative forme espressive per essere compresi e condivisi, oltre che raccontati a posteri e contemporanei.
“Come ogni prodotto dell’attività umana, anche le parole nascono e muoiono: scegliere la lingua come punto di osservazione della pandemia non significa (soltanto) focalizzare l’attenzione sui singoli termini nati nel suo contesto, ma anche seguire i processi e i percorsi, non sempre lineari, attraverso i quali l’uomo ne costruisce la realtà e la sua percezione.”
Titolo: La lingua infetta: l’italiano della pandemia
Autore: Daniela Pietrini
Editore: Treccani, 2021
Lunghezza: 238 pagine
Prefazione di Giuseppe Antonelli

 

©, 2023

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