L’aids e le periferie malfamate di Bernard-Marie Koltès
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comunicato stampa

Bernard- Marie Koltès è stato uno dei drammaturghi più famosi e discussi del Novecento francese. La sua vita non sempre lineare, anzi fatta più di travagli che di normalità, ha avuto fine molto presto. Nato nel 1948, Koltès muore di AIDS a quarantuno anni, ma nonostante ciò ci ha lasciato un importante patrimonio teatrale e culturale. Il suo modo di fare teatro è forse anticonvenzionale, soprattutto per il suo sentirsi ribelle e lontano dagli ambienti teatrali tradizionali.
Ai caffè letterari, Bernard-Marie Koltès preferisce le periferie malfamate di Parigi, in cui la vita è degradata. In questo contesto, tuttavia, il drammaturgo francese riesce a cogliere l’essenza pura di una esistenza che non ha nulla a che fare con i lustrini e la ribalta. A Koltès interessa parlare e mostrare la faccia nascosta della medaglia, quella che fa storcere ancora oggi il naso a tanti. L’omosessualità, il diverso, l’emarginato, sono solo alcuni dei temi che il teatro di Koltès porta alla ribalta e lo fa attraverso un linguaggio lirico e profondo. Oggi il suo Teatro è stato raccolto in un volume edito da Arcadiateatro Libri e tradotto da Anna Barbera, Francesco Bergamasco e Marco Calvani. Si tratta di un primo volume che raccoglie le seguenti pièce: Le amarezze; L’eredità; Quai Ouest; Lotta di negro e cani; Nella solitudine dei campi di cotone. È con quest’ultima che Koltès raggiunge l’apice del successo. Scrive Arnaud Maïsetti nell’introduzione al volume: «Con Dans la solitude des champs de coton, nel 1987 si è imposto come il maggiore autore di un teatro raffinato, grave e potente, filosofico e misterioso, ed è per lui un altro malinteso.
Quello che cerca è una relazione più diretta con il pubblico. Per lui scrivere per il teatro ha a che fare con un destinatario, con un ascolto. Detesta il teatro del suo tempo perché ritiene che sia una lingua ripiegata su se stessa che non parla né del mondo, né al mondo. Lui preferisce le favole che gli racconta il cinema; e la musica popolare, il reggae di Bob Marley o il rap, che accomuna le persone che ama». Bernard-Marie Koltès è un raffinato osservatore della realtà che sa riportare sulla scena per raccontare anche la solitudine dell’esistenza. Non solo teatro, Koltès è vicino anche al cinema, arte nella quale si sente forse più a suo agio, ma è certo che il drammaturgo francese ha saputo toccare argomenti che ancora oggi risultano attuali e sui quali il dibattito è ancora acceso. Questo rende Koltès un autore attuale e la riproposizione delle sue opere non si configura come una semplice banale celebrazione, ma come un ulteriore contributo di riflessione su temi più che mai attuali: omosessualità, razzismo, diversità solo per citarne alcuni. Attraverso la scrittura Koltès riesce a raccontare quel mondo e lo fa senza retorica, ma con quel lirismo e quella poetica che permettono di penetrare la materia fino a raggiungere il nocciolo. La sua è «una scrittura che lo radica piuttosto nella città e nei corpi che la attraversano concretamente, nell’urgenza di dire qui e ora quello che gli interessa confessare sulla ferocia della richiesta d’amore. Manca tuttavia un mondo sul quale poggiare quel discorso. Koltès ne sente il richiamo. Allora parte e va a incontrare quel mondo».
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