IL CONTRIBUTO DELLE INDUSTRIE ALLA CULTURA
Credo di poter affermare con sicurezza  che questo libro di Carlo Vinti (Gli anni dello stile industriale 1948/1965) sia fondamentale per la conoscenza della cultura italiana di quel periodo, e ciò almeno per tre ragioni.
Prima di tutto perché – mentre è ben noto il contributo della Olivetti all’innovazione  nella cultura di quegli anni, dall’urbanistica alla sociologia, dal design e dalla grafica alla politica – molto meno si sa delle altre aziende descritte  dall’autore. E invece hanno contato molto anch’esse, a cominciare dalla Cornigliano (1953-60), diventata poi Italsider, specialmente sotto la direzione di Gian Lupo Osti, che sviluppò moltissimo le relazioni pubbliche. A differenza di ciò che avveniva in altre imprese industriali, le relazioni pubbliche dell’Italsider ebbero un’impronta fortemente culturale, affidate da Osti prima a Savarese, poi a Clavarino, e dominate dalla forte personalità pittorica e grafica di Eugenio Carmi,  con il contributo determinante di Carlo Fedeli, responsabile per l’ufficio stampa e le attività editoriali e di Claudio Bertieri, consulente per il cinema. Carmi è stato l’autore di gran parte degli annunci grafici  e di molte copertine e illustrazioni delle riviste Cornigliano e Italsider.
Vinti racconta anche la Pirelli, anch’essa sensibile ai problemi della corporate image, che aveva affidato l’attività editoriale e la pubblicità alla direzione propaganda, poi diventata agenzia interna (house agency , diretta negli ’60 da Arrigo Castellani, con grafici come Scopinich, Jongman, Grignani, Tovaglia, Steiner ed il decano della grafica italiana, Erberto Carboni, con illustratori celebri (Manzi e Maccari) e con fotografi del calibro di Mulas, Hammacher e Libiszewki, detto Libis. Ma non va dimenticato lo strepitoso manifesto di Armando Testa per la marca Atlante (1954), con la sintesi perfetta tra la forza dell’elefante ed il pneumatico. Famoso è rimasto anche il testo di un annuncio, Camminate Pirelli, il primo che apre la strada ai verbi intransitivi che la pubblicità ha reso transitivi. E famosi sono anche i testi pubblicitari, di letteratura avanguardistica,  che sembrano usciti dalle riviste del Gruppo 63 o ispirati dai quadri di Chagall.
Nella stessa Genova dell’Italsider operavano fino al 1965 tre grandi società petrolifere, l’anglo-olandese Shell e le americane Esso e Mobil; soprattutto le prime due avevano sviluppato molte iniziative di relazioni pubbliche e due riviste “di prestigio”, come allora si diceva, che facevano opera di mecenatismo con le copertine di Costantini, Gentilini, Vespignani, Basaldella, Vedova, Turcato e tanti altri. La Esso addirittura finanziò quattro premi di pittura (1951, 1953, 1955, 1962), e  alla fine degli anni ’70 pubblicò sulla sua rivista i maestri dell’avanguardia (Vasarely, Fontana,  Soldati); molti dei maestri che lavorarono per la Esso si sono rivisti a Roma nella grande mostra (duecento dipinti) che la società petrolifera ha promosso nella Galleria d’arte moderna nel dicembre 2007.
Non si  può tuttavia tacere una critica al libro di Vinti: fra le aziende che contribuirono al rinnovamento e alla diffusione della cultura italiana, si dovrebbe dedicare uno studio anche alla RAI dei tempi del “famigerato” monopolio. Certo, per molti anni l’autoritarismo fanfaniano del direttore generale Bernabei e le fisime moralistiche della censura facevano impazzire le persone dello spettacolo ed i pubblicitari. Ma Carosello educava le masse ai consumi della modernità, e non c’era soltanto Canzonissima. Mai come allora commedie e tragedie, sceneggiati da Nievo, Tolstoi, Bacchelli, Verga entrarono nelle case  di chi non aveva mai varcato la soglia di un teatro o letto un libro dell’Ottocento, il maestro Manzi insegnava l’italiano a tanti analfabeti che parlavano soltanto i dialetti, ed il Servizio Opinioni esercitava un controllo della qualità che oggi l’Auditel quantitativo stenta ad accettare. Certo, come disse il vicepresidente della RAI Massimo Fichera al congresso nazionale della pubblicità del 1986, l’opera educatrice della RAI sulle masse era spesso paternalistica; ma c’era e, anche in quei limiti, si dimostrò utilissima.
Anche la RAI si era posta il problema organizzativo, costituendo la Direzione propaganda e stampa, affidata a Marcello Severati (1948-1965), poi ridotta ad un settore degli Affari generali con il direttore Viola, il vicedirettore Annunziata e il responsabile per Milano, Bagnoli. Severati fece lavorare per la RAI Steiner, Tovaglia, Ruffolo, Castiglione e soprattutto Carboni, estromesso dopo la sostituzione del direttore. Per merito di una mostra della grafica RAI, organizzata a Pavia da Roberto Giannoni , nel 1979 al vecchio Carboni fu affidato ancora il logo della Terza Rete.
La seconda ragione che dà importanza a questo libro di Vinti è che esso valorizza il vento fresco dell’innovazione che certe industrie portarono nella cultura italiana, ancorata a vecchi schemi umanistici che continuavano a disprezzare il vile meccanico, cioè la scienza e la tecnologia. Erano gli anni del celebre libro di Snow, Le due culture, denunciate come incomunicabili, e del tentativo d’integrarle operato dalla rivista della Finsider, Civiltà delle macchine, diretta dall’ingegnere e poeta Leonardo Sinisgalli, che viene giustamente citata da Vinti come l’esempio più consapevole di una nuova cultura. Ma, su un piano più modesto, mi sia consentito ricordare  una rivista culturale che il poeta Adriano Guerrini ed io fondammo a Genova nel 1959, Diogene, sulla quale, negli anni ’60, dedicai un numero monografico e molti altri articoli all’industria nella letteratura, nelle arti figurative, nella musica, e al dibattito sulle due culture.
C’è ancora un terzo merito nel libro di Vinti, aver rivalutato, attraverso le aziende descritte, la grafica e la pubblicità grafica.  Negli anni ’30 la grafica italiana era stata rivoluzionata sugli esempi del Bauhaus dai giovani di Campografico, e dagli esuli dalla Germania nazista (Renner, Schavinsky, Bayer), che “contagiarono” lo Studio Buggeri e l’esordiente Erberto Carboni. Ma, dopo la guerra, e precisamente dal 1953 in avanti, la CPV inglese e le agenzie pubblicitarie americane diffusero anche in Italia il concetto e la prassi della pubblicità fondata sull’organizzazione di marketing, sulle ricerche di mercato e sulle indagini psicologiche.
Le quattro aziende ricordate hanno avuto il merito di mantenere e perpetuare la tradizione grafica sia nelle attività editoriali sia nella pubblicità, conservando l’amore per il buongusto e per i valori estetici (lo “stile” nel titolo del libro) e, bisogna pur dirlo, della comunicazione commerciale che in certi casi riesce a farsi arte.
IL CONTRIBUTO DELLE INDUSTRIE ALLA CULTURA
CARLO VINTI
“Gli anni dello stile industriale 1948-1965”
IUAV-Marsilio, 2007
©, 2009
questa pagina contiene alcuni collegamenti esterni il cui contenuto informazioneecultura.it ha verificato solo al momento del loro inserimento; informazioneecultura.it non garantisce in alcun modo sulla qualità di tali collegamenti, qualora il loro contenuto fosse modificato in seguito.
Please follow and like us:

Leggi o lascia un commento (i commenti potrebbero contenere alcuni collegamenti esterni il cui contenuto informazioneecultura.it ha verificato solo al momento del loro inserimento; informazioneecultura.it non garantisce in alcun modo sulla qualità di tali collegamenti, qualora il loro contenuto fosse modificato in seguito)

Commenta
Inserisci il tuo nome