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Silvia Signorelli SAPERE SCRIVERE (E POETARE) D’AMORE

Silvia Signorelli SAPERE SCRIVERE (E POETARE) D’AMORE
Sarò presuntuoso, ma mi prendo il merito di avere scoperto Silvia Signorelli, o almeno, di averla  incoraggiata a pubblicare le sue poesie: e non mi succede frequentemente. Debbo dire che, avendo diretto in gioventù, per nove anni,  una rivista culturale, da allora mi è rimasta una grande diffidenza  verso poeti e poetucoli, spesso bravi a cogliere come spugne i tic e gli stili del momento, ma senza alcuna originalità. Inoltre, a costo di dire una cosa  politically uncorrect, la mia diffidenza è ancora maggiore per le poetesse, spesso troppo sentimentali o impudicamente erotiche: la poesia come diario adolescenziale o come sfogo sostitutivo dallo psicoterapeuta.
Ben diverso è il caso di Silvia Signorelli. E’ pur vero che  l’autrice sostiene che per lei scrivere è manifestazione di affettività, “come un movimento di apertura e di amore”,  anziché lavoro letterario. E anche il prestigioso prefatore, Meeten Nasr, premio Montale 1998, scrive di lei “poetare dunque come fosse amare, procedere da sé verso l’altro”.  Ma, fortunatamente, una cosa sono le poetiche, e altro è la poesia. Che in questa prima raccolta della Signorelli non manca certamente, sia nella musicalità dei versi sia nelle immagini, spesso originali e vivissime. “amo la tua voce / color d’autunno / umido di foglie”, “nel tepore della casa /  pattinano i desideri”, “da un ventre caldo / di terra e di luce”. Nel suo linguaggio ricorrono spesso parole come scintillante, luminoso, melodioso, odore e odoroso, che contribuiscono al senso gioioso che scorre attraverso tutta la raccolta, e perfino certe notazioni di malinconia si perdono nella gioia d’amore.
Ma sono apprezzabili anche le notazioni realistiche con l’attenzione, positivamente femminile, alla quotidianità, come “una striscia di jeans le cuciture / apparentemente immobili / i piedi a terra giù / nelle scarpe marroni da contadino”. E l’erotismo ha espressioni originali: anche se adopera un’immagine abusata come la lancia, sa trasformarla in un gioco di fantasia:  “la tua lancia / è il ramo fiorito / che sparge il profumo / dei fiori che hai in mente / di regalarmi”.  E come non apprezzare, quasi un volo pindarico, “e la schiena di Dio / è china su di me”, oppure il narcisismo femminile che si fa quasi panteismo in “di rosso / e di rosa vestita / sfreccio per strada / il passo fiero / sui tacchi / per volontà divina”.
SILVIA SIGNORELLI, La tua voce sonora, Tu voz sonora, prefazione di Meeten Nasr, postfazione di Rolando Toro; traduzioni in castigliano a fronte, ad opera di Maria José Fabregar e Lucia Rosa.
Edizioni Joker, Novi Ligure 
 
©, 2009
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