VOLEVAMO CAMBIARE IL MONDO storia di Avanguardia Operaia
VOLEVAMO CAMBIARE IL MONDO storia di Avanguardia Operaia
A cura di Roberto Biorcio e Matteo Pucciarelli (Mimesis, 2021)
Libro che nasce dal bisogno di documentare una stagione che rischia di perdersi nell’opacità del passato, quella degli anni che vanno dal 1968 al 1977, periodo di lotte che cambiarono la società, fatte di ribellione e nutrite dalla speranza o forse anche la certezza che la rivoluzione fosse vicina.
Anni generosi e pieni di entusiasmo, e della politica che dava un senso alla vita.
Su Avanguardia Operaia non ci sono documenti, Wikipedia riferisce solo le terribili informazioni ricavate dal processo Ramelli, ma resta nel ricordo di chi ha vissuto quegli anni una delle più importanti organizzazioni politiche di quel periodo.
La prefatrice al libro Giovanna Moruzzi ammette di non essere una scrittrice e nemmeno una giornalista o una storica, ma che si sente in grado almeno di raccogliere della documentazione che rimanga per chi verrà dopo. Inizia così un’avventura di ricerca che porterà a realizzare 110 interviste in tutta Italia, ma ne resteranno purtroppo fuori alcuni aspetti del momento analizzato, come le lotte dei braccianti di Ottaviano e le vicende calabresi.
Dice la prefatrice che Risulta dalle interviste che la maggior parte degli intervistati ha scelto di militare in Ao perché era il gruppo più serio, più organizzato, più colto e perché era radicato nelle fabbriche. C’era l’esigenza di capitalizzare le lotte per dare una prospettiva di cambiamento a tutta la società. Tutti ricordiamo i gruppi di studio anche serali o di domenica. Le persone studiavano perché volevano capire e si mettevano in gioco in modo totale.
L’impegno politico era totale, alcuni militanti non potevano portare avanti normalmente gli studi universitari, anche se molti di essi hanno iniziato a militare proprio in Università.
Anche gli operai si gettavano anima e corpo in una militanza che occupava giorno, notte e feste comandate, ma l’importanza dell’unità nelle lotte di fabbrica non permetteva un continuo antagonismo con altri gruppi politici. L’impegno antifascista e nel Servizio d’ordine, sul quale il gruppo dirigente era sempre molto vigile, è rimasto per loro circoscritto alle manifestazioni di piazza.
Per quanto riguarda l’uso della forza, ai fini dell’autodifesa, benissimo. Se c’era da accapigliarsi, ci si accapigliava. All’Innocenti, dopo una manifestazione, c’erano Lc, Lotta comunista, il Casoretto, che volevano entrare all’interno della fabbrica. Noi schierammo il Servizio d’ordine per impedire loro di entrare (Tonino De Pasquale).
(…) i nostri non sono mai finiti nella lotta armata (Basilio Rizzo).
Proprio mentre negli altri Paesi europei, difatti, gli effetti del 1968 furono rapidamente riassorbiti nel sistema politico, in Italia, col 1977, si apriva la pagina dolorosa del terrorismo, in quanto l’influenza del ’68 rimase appunto significativa per molti anni.
©, 2022
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