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JAN VAN EYCK - Ritratto di Baudouin de Lannoy

Stalking ELISA racconto

Stalking ELISA racconto
omaggio a Giorgio Scerbanenco
La strada rotolava via ai lati del parabrezza senza altri rumori che il ronzio sommesso del motore ed il soffice fruscio degli pneumatici.
Il cd dei Negrita diffondeva nell’abitacolo le note di “dannato vivere”, aiutando il sistema di riscaldamento a farla sentire a suo agio.
Elisa amava quella canzone, e spesso la faceva suonare anche cinque o sei volte di fila, prima di passare ad altro: sorrise soddisfatta di se stessa per avere scelta un’auto tedesca, quattro anni prima, perché, nonostante i molti chilometri accumulati, non emetteva neanche un rumorino fuori posto, lasciandole godere la musica senza il minimo disturbo. L’unica decisione con un minimo di saggezza degli ultimi sei anni, dovette riconoscere, con una punta di amarezza.
Si fermò ad un semaforo rosso, nonostante non ci fosse in giro anima viva e fosse praticamente in mezzo al nulla, nel basso Piemonte, tra l’astigiano e le Langhe.
I tergicristalli spazzavano il vetro con lentezza indolente, per scansare le gocce di quella rada pioggerellina che i napoletani chiamano “schizzechea”.
Elisa sorrise: proprio vero, gli ultimi sei anni erano stati un disastro, ma finalmente aveva aperti gli occhi e stava riprendendo in mano la propria vita.
Tra poco avrebbe compiuti quarantadue anni, ed era ora di smettere di compiangersi, e darsi da fare.
Era una consapevolezza che aveva raggiunta faticosamente, ma le infondeva coraggio ed ottimismo, facendola sentire piacevolmente leggera: l’avevano notato anche gli amici, che da un po’ di giorni le dicevano che sembrava come rifiorita; camminava più eretta, più sicura di sé.
Sì, bella sensazione davvero, pensò.
Voleva lasciarseli alle spalle, quegli ultimi sei anni, decisamente.
Il trasferimento lavorativo era giunto all’improvviso, iniziando la catena degli eventi negativi: bisognava far posto ad una “raccomandata” di ferro, e lei non aveva santi in paradiso che potessero proteggerla. Si era ritrovata spedita in un’altra sede, a quasi cento chilometri, con un incarico disgustosamente noioso e ripetitivo, che aveva subito imparato ad odiare.
Il rapporto con Giuliano, il suo fidanzato, era presto naufragato, annegato dalla distanza, ed i propositi di matrimonio erano scomparsi insieme a lui.
Lei era caduta in depressione, e dopo due anni di solitudine, era finita tra le braccia di Antonio, un uomo inizialmente affascinante e molto passionale, ma che presto si era rivelato uno stronzo di prima categoria, che la usava come oggetto da letto, senza avere la minima considerazione di lei.
Era durata due anni e forse lei, nonostante tutto, non avrebbe comunque interrotto il rapporto, se lui non si fosse invaghito di una donna dell’est, dimenticandosi di lei come di un giocattolo divenuto ormai noioso.
A quel punto, Giovanni era entrato nella sua vita. Un collega, un uomo apparentemente dolce, anche se ossessionato dall’avarizia.
Era persino andata a vivergli insieme, su insistenza di lui.
Poi gli era morta la madre, alla quale era morbosamente attaccato, e si era lentamente tramutato in un depresso cronico con l’ossessione dei soldi.
Era addirittura riuscito a farsi prestare del denaro da lei, che certamente ricca non era, con il suo magro stipendio, solo per poi finire con lo scoprire che lui, in realtà, aveva più di trentamila euro occultati su un conto segreto.
Quando gliel’aveva rinfacciato, l’aveva cacciata da casa, proprio mentre Antonio tornava alla carica, visto che, probabilmente, nel frattempo si era annoiato delle sua bella extracomunitaria.
Così era tornata con Antonio, con il risultato che lui l’aveva mollata per due volte in sei mesi, e per di più, portandosi via l’auto che avevano acquistato insieme (ma con un finanziamento solo a nome di lei, dato che lui non figurava finanziabile), poco prima della sua ultima uscita di scena.
Era arrivata sull’orlo del crollo, un esaurimento nervoso totale ed assoluto, quando aveva conosciuta una donna che le era subito stata simpatica, divenendo grandi amiche in breve tempo. Laura portava anche lei la sua bella dose di cicatrici, ma riuscì ad infonderle non solo la voglia di vivere di nuovo, ma anche di volere più bene a se stessa, facendole ritrovare, a poco a poco, la Elisa che era a trent’anni, forte, sicura di sé, ed assolutamente non disposta a lasciarsi usare da nessuno.
Nel giro di sei mesi, Elisa aveva praticamente ridisegnata la propria vita, mettendoci più determinazione ogni giorno che passava.
Aveva chiesto, ed ottenuto, un nuovo trasferimento lavorativo in una città molto più vicina al suo paese natale, scoprendo una responsabile del personale che le era subito stata simpatica, ed un ambiente lavorativo decisamente migliore; era riuscita a farsi ridare da Giovanni il denaro che gli aveva prestato (minacciandolo di uno sputtanamento colossale sul posto di lavoro, al che lui aveva ceduto, anche se malvolentieri); si era andata a cercare casa vicino alla nuova sede lavorativa, trovando un bellissimo appartamentino al piano terra con un pezzettino di giardino, così avrebbe potuto riprendere con sé Birba, la cagnolina che aveva affidata ai suoi genitori, quando era troppo depressa per occuparsi di un altro essere vivente.
Aveva anche avuta la forza di denunciare Antonio per il furto dell’auto, con in più il risultato di conoscere un ufficiale dei carabinieri particolarmente attraente, che sembrava condividere il suo interesse.
Finalmente a casa, si disse, svoltando nella piccola viuzza dove risiedeva il condomino nel quale ancora abitava. Non vedeva l’ora di traslocare, non ne poteva più dei condomini di quel palazzo, che l’avevano sempre fatta sentire una intrusa per nulla ben accetta.
Oh, al diavolo anche loro, pensò con un sorriso, dopo avere chiusa l’auto con il telecomando e mettendosi a correre verso il proprio portone.
Aveva passata una splendida serata con Laura e sue due amiche, anche se era stata un po’ infastidita dalle continue raccomandazioni di lei a proposito di Antonio. Laura lo vedeva come una specie di mostro, ed era preoccupata delle sue eventuali reazioni alla denuncia, ma Elisa lo conosceva bene, e sapeva che non era tipo da gesti violenti, anche se lo scoprire che era stato denunciato per violenza sessuale dalla straniera con la quale era vissuto, le aveva causato un brivido. Riflettendoci, si era convinta che fosse probabilmente una denuncia falsa, fatta magari per vendicarsi di un qualche sgarbo… in fondo, si sapeva che delle straniere dell’est non c’era da fidarsi.
Stava cercando le chiavi del portone nella borsa, quando un lampo di dolore nella schiena le sconvolse il cervello, bloccandole ogni pensiero, e spalancandole gli occhi e la bocca in una muta sorpresa.
Poi un altro lampo, ed un altro ancora, mentre le gambe le cedevano e si sentiva improvvisamente debolissima, la mente febbrilmente impegnata a cercare di capire cosa stesse succedendo, il perché di tutto quel dolore, di quella debolezza, di quella difficoltà a respirare. Sentì qualcosa di umido risalirle in gola, poi tutto si fece buio ed il mondo svanì, come le bollicine in un bicchiere di champagne.
Antonio era in piedi, una espressione indecifrabile sul viso, il respiro accorciato dall’eccitazione della caccia. Guardò in terra, Elisa sembrava addormentata, solo il sangue che si spandeva intorno a lei guastava la sensazione, illuminato dalla luce fredda del neon sopra il portone. Ma chi cazzo credeva di essere, quella puttana? Denunciare lui? Tutte troie, le donne, pensò. Prima moine e mossette, per farsi chiavare da lui… e lui le chiavava, eccome, se le chiavava: impazzivano, quelle puttane, urlavano addirittura dal piacere che dava loro. Poi, una volta trombate, iniziavano a fare le stronze. Stupide vacche. Si chinò, e ripulì il coltello sui vestiti di lei, lentamente. Hai avuto quello che ti meritavi, pensò. Adesso toccava a quell’altra, bisognava solo scoprire dove si era nascosta, ma non sarebbe stato difficile. Violenza sessuale… gli avrebbe fatto vedere lui, cosa significava quella parola, a quell’altra vacca.
Nascose di nuovo il coltello nella manica del giaccone e si allontanò, sorridendo allegro, verso la sua macchina, che aveva posteggiata nella via adiacente.
Dopo pochi metri, iniziò addirittura a fischiettare.
©, 2014
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