GLI ECOMUSEI DEL PIEMONTE
 
Il Piemonte è la prima realtà italiana che ha messo a punto una legge regionale specifica per i vari ecomusei. Quindi il 1995, anno di promulgazione della legge, sancisce la costituzione degli ecomusei piemontesi.
La regione, attraverso questo provvedimento, si pone due scopi principali: il primo è preparare e valorizzare la memoria storica e collettiva delle comunità; il secondo, e qui sta l’innovazione, è di porre l’attenzione anche su come l’insediamento tradizionale abbia influenzato l’approvazione e l’evoluzione del paesaggio. In pratica, se prima la normativa riguardava o l’ambiente o l’aspetto culturale e umano, adesso i due risvolti vengono presi in considerazione in modo organico e integrato, per cui non solo, al centro dell’attenzione vi è l’uomo, ma anche come questi si rapporta all’ambiente circostante, e come l’ambiente è da lui influenzato. Tale condizione rappresenta il grande salto in avanti che, potenzialmente, viene fatto; come la regione quindi operi praticamente per ottenere questi risultati e scopi molto difficili, organizzando delle aree di dimensioni e caratteristiche adeguate, e, di conseguenza, provveda ad attrezzare e recuperare fabbricati e strutture: questa è la modalità di operazione e di attivismo della regione.
Nell’articolo 1 vengono precisate le finalità della legge: la prima è la conservazione e il restauro della cultura collettiva. Il restauro viene inteso, non tanto come tale, ma come rispolvero, recupero della memoria collettiva: memoria delle abitudini quotidiane, delle tradizioni religiose, delle tradizioni culturali, dell’attività lavorativa. Ancora una volta, la legge pone l’attenzione sull’ambiente circostante; questo, rifacendosi alla preservazione della memoria. Significa studiare la memoria anche della relazione tra uomo e ambiente, dell’utilizzo delle risorse naturali, delle tecnologie, e delle fonti energetiche: attenzione non concentrata o sull’uomo o su quello che ha intorno, ma su entrambi.
La seconda finalità è più propriamente pratica: si tratta cioè di restauro, salvaguardia e valorizzazione di manufatti, attrezzature, ambienti e situazioni concrete. Il recupero diventa anche pratico, non solo teorico, diciamo una sorta di restauro.
Con la terza finalità la regione Piemonte si auspica che l’approvazione degli ecomusei possa avere una ricaduta economica e occupazionale sul territorio, nell’ambito del quale nascono; quindi, ben vengano operazioni di impiego e di vendita di prodotti locali, che assicurino in questo modo la creazione di un condotto economico originario. Questa è la finalità maggiormente presa in considerazione. Altra finalità è la predisposizione di percorsi nel paesaggio e nell’ambiente: per cui, all’interno dell’ecomuseo, devono essere previsti degli itinerari, dei percorsi che permettano di relazionare i visitatori con l’ambiente di contorno. Il percorso deve essere una guida culturale a ciò che ci circonda. Il coinvolgimento delle comunità, delle istituzioni culturali e scolastiche, delle strutture associative locali, nell’ecodisegno della maturità locale, deve essere attore e produttore dell’ecomuseo nell’ambiente su cui influisce.
Ultima finalità: promozione e sostegno di attività di ricerca scientifica e di attività didattico­ – educative; quindi ben venga un progetto di didattica e di collaborazione con enti di ricerca in grado di approfondire settori e ambiti specifici coinvolti dal territorio dell’ecomuseo.
L’articolo 2 ci parla dell’iter che gli ecomusei devono seguire per la loro istituzione. Io che faccio parte di un territorio che reputo idoneo per alimentare un ecomuseo, cosa faccio? da dove comincio? che iter devo seguire? Innanzitutto i progetti pervengono alla regione Piemonte presso l’assessorato competente, o l’assessorato parchi, in particolare presso il settore pianificazione aree protette, solo dopo pervengono fisicamente alla Regione. A questo punto inizia una trafila più o meno lunga che parte da una valutazione di un comitato scientifico, che la legge vuole essere composto da tre membri del politecnico di Torino e da tre insegnanti dell’università di Torino, i quali sono tenuti a dare un’opinione in merito al progetto; dopo tutto ciò, il testimone passa alla giunta regionale la quale, per ipotesi, approva il progetto. Il passo successivo, a questo punto, è una proposta di istituzione al Consiglio Regionale, che ovviamente richiede mesi, anni. La proposta di istituzione arriva al Consiglio, in particolare alla Quinta Commissione, che ha voce competente in materia di ecomusei. Se anche qui non ci sono intoppi, dall’approvazione si passa all’istituzione. Quindi l’iter in sintesi prevede la presentazione del progetto, l’eventuale approvazione e infine l’istituzione.
Attualmente la legge del 1995 è stata integrata, nel 1998 (agosto ’98) da una modifica in materia di gestione: la legge del ’95 prevedeva, come possibili enti gestori degli ecomusei, o gli enti di gestione delle aree protette regionali, ad esempio la Provincia, o associazioni appositamente costituite; quindi la comunità locale poteva creare una società amica del museo, in modo da divenirne ente gestore. Sin dall’inizio però sono venuti fuori due limiti di questi enti gestori: innanzitutto, una certa lentezza delle relazioni istituzionali, per cui una lungaggine nelle relazioni appunto tra territorio e ente gestore; poi una incongruenza tra una dimensione mediamente piccola dell’ecomuseo e quella del gestore referente (la Provincia, la Regione o anche il gestore del parco);da qui ne deriva una lontananza tra territorio ed ente gestore competente.
Questi problemi hanno portato all’integrazione della legge, nel 1998. Agli enti gestori antecedentemente previsti ne vengono aggiunti due: le Comunità Montane e i comuni. Ben venga questo cambiamento visto che molto spesso una proposta di un museo ecologico arriva da territori di Comunità Montane, da Comuni (a volte anche uniti tra loro); quindi, da un punto di vista dimensionale, ha molto più senso rispetto ad ecogestori più ampi.
Detto questo, quale è la situazione piemontese?
Esistono ecomusei costituiti, arrivati al traguardo; poi vi sono gli ecomusei a metà strada: sono stati approvati dalla Giunta ma non hanno ancora una delibera istituzionale e l’istituzione del Consiglio Regionale. Infine ci sono gli ecomusei fermi. C’è un caso nel biellese: il progetto è stato presentato in regione e per una serie di dinamiche è ancora in regione in attesa di approvazione.
Di quelli approvati ce ne sono cinque: una nella provincia di Torino. Poi un secondo ecomuseo costituito nella provincia presso il lago D’Orsola, poi c’è un terzo museo nell’astigiano, un quarto nell’alessandrino in corrispondenza del Parco delle Capanne; e poi un quinto a Santana di Galeri in corrispondenza del parco delle Alpi Marittime. E’ facile a questo punto intuire come su cinque musei costituiti in Piemonte, tre siano nati da un ente gestore parco, quindi comunque da una struttura preesistente diversa come finalità, e a scopo di protezione ambientale. Anche da un punto di vista gestionale la situazione è più comoda.
Ecomusei approvati, quindi a metà strada, ce ne sono due nella provincia di Torino, alta Valle Sangone, a Settimo Torinese (ecomuseo del Frodano) quindi ai confini con Torino, poi ce ne sono due anche nel cuneese della Pastorizia, ed  ecomusei dell’Agricoltura nelle terre d’acqua nel vercellese, e poi ci sono ecomusei della Cultura Vals e ecomusei della Cultura Materiale contadina della bassa Valsesia, nel vercellese, ed infine il museo nel biellese.
Questa è la situazione piemontese espressa il più velocemente possibile.
©, 2003
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