"Fondare biblioteche, è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire." Marguerite Yourcenar
Unus ego et multi in me

Rete e dintorni

Eugeni ci ha messo in chiaro che la tecnologia sta infiltrandosi ovunque, come un ninja digitale nel tessuto delle nostre vite. Sta creando mondi ibridi e complicati, con interazioni visibili e invisibili. La nostra identità online, nella giungla di web e social, è come un patchwork di link, video, immagini, commenti e like, tutto collegato al nostro profilo. Ma attenzione, questa “iperidentità” è più fragile di un castello di carte. Un clic e può crescere o svanire, come un effetto domino, mentre un black-out elettrico può azzerarla.
Nel mondo del capitalismo della sorveglianza, le informazioni che buttiamo su Facebook o Instagram sono il carburante per migliorare la nostra esperienza, offrendoci contenuti su misura. E come lo fanno? Con algoritmi magici che filtrano tutto quello che facciamo online. Il problema è che queste piattaforme e aziende si godono il nostro flusso di dati senza che nessuno, neanche i governi, li controlli. La nostra libertà online è sotto assedio, e Shoshana Zuboff lo chiama “capitalismo della sorveglianza”.
Quando è nato il World Wide Web, sembrava tutto molto affascinante. Ma ora, sembra che chi ha tirato le fila dietro le quinte abbia pianificato ogni mossa fin dall’inizio. Prima ancora che il WWW venisse alla luce, sembra che i padroni del Nuovo Ordine Mondiale avessero già in mente il percorso della Rete Globale. E tutti noi, ignari e entusiasti operatori dell’HTML, siamo stati sottoposti a tappe premeditate senza nemmeno rendercene conto. Un po’ come pedine in una partita che non sapevamo nemmeno di giocare.