Dominio delle macchine e disoccupazione
Robert Rauschenberg, Retroactive, 1964
C’è una nuova categoria di “intellettuali”, per lo più giovani, che si autoproclamano “futuristi”. Sono studiosi, appartenenti a una cultura non accademica e nata soprattutto nei forum del web, che non hanno a cuore una visione organica della cultura, ma di essa analizzano solo quello specifico settore che risente in maniera diretta dell’uso e dell’avvento delle nuove tecnologie, e ne fanno una lode unidirezionale e acritica. Un loro – più colto, più organico e ampio di respiro – affine studioso è certamente Roberto Vacca, che però discende da una famiglia di grande tradizione colta, e perciò dotato di un pensiero complesso che non si riduce alla futuribilità degli strumenti, ma a una visione storica, all’indietro, e in avanti, cosmica, di un Uomo immerso nel Divenire, nel fare e nel creare, senza quel compiacimento acritico e un po’ stolto che non ammette l’ombra di alcun pessimismo.
Costoro, asseriscono che saremmo alle porte – ma lo siamo già di fatto – del mondo controllato dalle macchine, un controllo che ci renderebbe la vita più lieve, facile, con più tempo libero per tutte quelle cose che rientrano sotto il nome di “creatività dell’individuo”, senza più dovere nemmeno andare a lavorare, perché, al Nostro posto, ci saranno le macchine.
La macchina irrompe prepotentemente nella cultura dell’Occidente grazie al progresso tecnico-scientifico portato dalla rivoluzione industriale, che arriverà in Italia solo in età giolittiana (1903-1914). La rivoluzione sconvolge completamente le forme di vita tradizionali, favorendo l’avvento della grande industria: impiego massiccio delle macchine, produzione su vasta scala e razionalizzazione del processo produttivo. Nasce la società di massa e la conseguente crisi dell’individuo che perde man mano la sua fisionomia umana (Chiara Camilletti, Il mito della macchina).
Questi illuminati interpreti della società contemporanea sono arrivati a dire che una professione come l’Avvocato sarà presto sostituibile dalle macchine, perché, in fondo, si tratta di lettura interpretazione e applicazione di “codici”, operazioni che potrebbe compiere un algoritmo, operazioni prevedibili facilmente eseguibili da una macchina intelligente. Di questo passo, si creerà una tale quantità di disoccupazione, che non potrà non sfociare in grandi e tragici contrasti sociali. Chi alimenta il mercato della disoccupazione, il malcontento e la povertà, lo fa forse anche in maniera mirata, non siamo del resto molto lontani da poter ipotizzare che creare disoccupazione a tavolino sia uno degli intenti principali di chi vuole detenere il Potere.
Ci affidiamo a un algoritmo (ci affideremo all’algoritmo anche per mandare in galera qualcuno?) come se ci affidassimo a una verità prima, a una causa che sta nell’a priori, come Dio, quando ci dimentichiamo – così abituati a considerare le macchine come fossero dotate di vita propria – che macchine e algoritmi sono a loro volta stati crearti dall’Uomo, perché una macchina non si può autocreare.
Stando così le cose, si profila il rischio che una oligarchia monopolistica, che detiene il potere insito nella progettazione e nell’imposizione nel flusso del Divenire di una certa macchina, o di certe macchine e algoritmi, deciderà quali algoritmi mettere a gestire questo e quello, pilotando – a proprio piacimento – i risultati che l’algoritmo produrrà, e i conseguenti effetti sulla Società.
In piccolo, questo sta già avvenendo nell’ambito delle chat e del dating, un settore a cui una massa enorme di persone affida il proprio tempo, i propri soldi, i propri profili psicologici, con ignara speranza: l’algoritmo decide a priori – al posto degli/delle interessate – chi fare incontrare ed innamorare, o chi indirizzare verso una relazione disimpegnata da sesso mordi e fuggi, favorendo solo certi risultati delle ricerche nei data base, in un modo predeterminato. Colui o colei che si incontra con una lei o un lui, hanno l’illusione – pia illusione – di essere stati i veri protagonisti della propria scelta, in verità, essa è il risultato di un calcolo algoritmico, alla fine del quale i due contraenti danno un assenso a una rosa di risultati tutti omologhi, e stabiliti dall’algoritmo, e quindi dal “programmatore” di quel dato algoritmo che, rispondendo alle logiche imposte dai detentori della tecnologia usata, sta sopra tutto e tutti, e vuole che si incontrino solo certe tipologie di persone, e facciano quello che essa stabilisce loro facciano.
Se questa coppia finirà per andare a cena romanticamente, era stato già preordinato in sede algoritmica, e non dai loro cuori.
Lo stato di perenne crisi in cui viviamo non verrà risolto dalla tecnologia, ma da essa verrà solo aggravato.
Se consideriamo che l’economia si basa soprattutto sulla fiducia fra persone (contraenti di un contratto, o di uno scambio), va da sé che, inducendo una situazione di sempre maggiore distanza fra individui, solitudine e sospetto, la tecnologia va a ledere – solo già per questo fattore, ma ve ne sarebbero altri – uno dei fulcri – di sempre – della buona, sana, economia reale.
Così come non ci può essere stabilità interiore nell’essere umano se costui demanda a una macchia (ad es. lo Smartphone) – e quindi a qualcosa che è fuori da lui stesso, fuori dal suo controllo – ogni suo desiderio, ogni sua possibilità d’azione e di riflessione, non ci può essere stabilità economica e politica, al tempo stesso.
La tecnologia sta creando disoccupazione, la manodopera sta venendo man mano sostituita dalle macchine. Che bisogno ci sarebbe di automatizzare tutto, creando disoccupazione e crisi, se non quello di risparmiare sui costi, ed avere un netto sempre più elevato (un netto che si intascano i padroni delle macchine)?
Che bisogno ci sarebbe di far credere alla massa che la tecnologia risolve i suoi problemi, se non quello di distoglierla dai ragionamenti che le farebbero – facilmente – capire che, invece, di problemi ne crea a non finire? Come, ad esempio, la sempre più drammatica incapacità di comunicare? La sempre più drammatica disabitudine al leggere, al formarsi, al soffermarsi sulle cose? La sempre più drammatica incapacità di non ricorrere a una macchina per risolvere un qualsiasi problema (anche l’orientarsi nella propria città) conducendo l’essere umano verso una sempre maggiore deprivazione di capacità e abilità, rendendolo sempre più vulnerabile e disorientato?
Disse Kennedy, “il tempo in cui l’industria avrà potere su tutto e lo userà a suo personale vantaggio non sarà forse molto divertente. Se gli uomini continueranno a inventare macchine finiranno per venir inghiottiti dalle loro stesse invenzioni. Ho spesso pensato che la fine del mondo sarà prodotta da qualche enorme caldaia scaldata da tremila atmosfere che farà bollire ogni cosa (Kingsley Amis – Nuove mappe dell’inferno – Bompiani, 1962).
L’Uomo è stato posto fuori dal suo baricentro che, in passato, lo collocava al centro del Cosmo, del quale aveva il controllo, e con il quale aveva un contatto profondo (come avviene nei popoli “primitivi” e sciamanici).
L’Uomo ha perso il contatto con il Sé profondo, col proprio Essere. E’ stato posto “fuori da sé” e conduce una vita del tutto “esteriore”.
Che bisogno ci sarebbe di bombardarci di app e offerte inutili, se non quello di renderci sempre più infantili, bisognosi e a-critici, – voraci e affamati – proprio come lo è un bambino, in modo che tutta questa bolla possa proliferare indisturbata (e a Nostro danno? a Nostra insaputa?) … decentrati?
L’Uomo non è più capace di sincerità e spiritualità, perché il Dominio delle Macchine ha innescato regimi produttivi serrati, dove l’Uomo stesso è alleato delle Macchine ma non dei propri simili.
Le Masse fruiscono in maniera a-acritica di tutto questo, senza porsi alcun interrogativo.
Sono proprio le Masse – deprivate di abilità e di critica – ad essere necessarie ai padroni delle macchine, perché esse muovono quantità enormi di capitale. Questa Economia è quella che Loretta Napoleoni ha definito “canaglia”: l’Economia Canaglia è una forza oscura, che la Napoleoni paragona a certe entità demoniache nascoste nelle pieghe del Tempo, che nel corso della Storia ogni tanto, ma con regolarità, si slatentizzano, e si esprimono attraverso dinamiche sociali economiche e politiche. Capitalismo Assoluto, detto anche del Massimo Profitto: sono le Masse stesse a generarlo e a farlo proliferare, con la propria sonnolenza, la propria mancanza di critica e di capacità di porsi domande, con l’inerzia fiduciosa verso un Mercato che le sta divorando, e schiacciando.
L’Economia Canaglia agisce – dice Lortetta Napoleoni – innescando nella mente delle Masse una fitta Rete di Illusioni. Sfruttando la potenza del Divenire, del mutevole e repentino rivoltarsi degli eventi, per innescare nella mente delle Masse un senso della Relatività, in cui niente è mai uguale a se stesso. Innescando nella testa delle persone la sensazione, prima, poi la certezza e l’abitudine di pensare che nulla sia stabile.
I padroni del vapore stanno tenendo le Masse in uno stato di perenne sonnolenza, drogandole anche con talk show che affrontano problemi che non sono problemi, ma che riempiono le serate televisive per poter dire che si stanno realmente affrontando dei problemi, e dare l’impressione che politica e giornalismo siano efficienti, che la Democrazia sia al sicuro. 

©, 2022

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