GEORGES SIMENON LA VOCE DEL PLAGIO E DELL’ALIENAZIONE MODERNE
A una lettura di alcuni romanzi di Georges Simenon (non me ne sono serviti molti per capirlo) ho compreso quanto di dispendio tecnico vi fosse contenuto, a detrimento di una sentita (non criminologica o naturalistica tout court) analisi psicologia dei personaggi e delle vicende. La puntuale, ordinata, asettica, fredda dissezione della psiche dei suoi personaggi (come posti al di sopra di un tavolo autoptico), mi rende la lettura dei libri di Georges Simenon sgradevole come il toccare il corpo freddo di un cadavere. Detto questo a puro scopo introduttivo, vorrei aprire al tema del plagio tecnologico/tecnocratico dei tempi odierni, e ai suoi nessi con l’arte e la letteratura soprattutto (sempre facendo riferimento a Georges Simenon come paradigma di una certa forma di “arte”).
Ciò che della tecnologia più si nota in maniera palese, è la serialità, la ripetitività e la separatezza delle azioni dalla sfera affettiva che il suo uso comporta. Così come “Noi” mettiamo un “mi piace” su un profilo di Facebook, o come consultiamo il catalogo di immagini di un sito di automobili, o di donne nude, in maniera appunto fredda ed emotivamente impartecipe, così mi sembra che Georges Simenon dissezioni i personaggi dei suoi romanzi in una resa narrativa ripetitiva, opaca, senza alcuna profondità.
Potremmo dire che scrittori come Georges Simenon – il cui tecnicismo è arrivato ai giorni Nostri, anche in tanti suoi epigoni o “artisti” che concepiscono l’arte come espressione di una cultura di massa e meramente “ingegneristica” – siano funzionali a un “Mercato” dei corpi deprivati di Anima, a un “commercio” di idee che hanno la precisa funzione di plagiare il lettore, inculcandogli l’idea che l’intera società altro non sia che un meccanismo ben oliato, suddiviso in parti molteplici (ogni singolo individuo), ognuna delle quali debba compiere delle azioni seriali, ripetitive, alienate (alienare se stessa), in nome del bene complessivo dell’intero meccanismo (la società tutta), per non esserne estromessa o messa ai margini.
Il plagio sta nell’accettazione di un’alienazione di sé, che la psicologia (od anche la psicoanalisi) scienza ben nota a Georges Simenon, è abituata a chiamare “sublimazione”.
Sublimare il disordine, sacrificare il proprio sé pulsionale, in nome di un principio gerarchico sovrapersonale, atto a creare caselle e infiniti cassettini in cui infilare il disordine che ci sovrasta, è il nocciolo delle scienze psicologiche, ancorché la cifra dei personaggi alienati di Georges Simenon, e della sua stessa mente alienata.
La sua scrittura, e la sua vita, potremmo raffigurarcele come un unico atto pornografico, scambiato da taluni critici per “genio”.
Difatti, Georges Simenon è stato notoriamente uno scopatore seriale di donne ridotte a puro oggetto/cosa, così come è stato uno scrittore (direi, compilatore) seriale di romanzi privi di alcun afflato vitale, di guizzo intelligente o di Anima.
PS: scusami Georges, malgrado ti abbia amato molto in giovinezza, e tu mi abbia passato molte ottime lezioni sullo “scrivere”, te l’ho dovuto proprio dire… resti tra te e me…
©, 2017
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2 COMMENTI

  1. Giudizio un po’ troppo drastico: è senz’altro vero che la saga di Maigret ha indiscutibili caratteristiche di serialità che di certo non sono compatibili con l’approfondimento introspettivo dei personaggi, ma è altrettanto vero che in opere estranee al cosiddetto filone di Maigret (ad esempio, nell’eccellente Lettera al mio giudice) l’approfondimento introspettivo non manca e la percezione della freddezza narrativa fa spazio a un pathos di tutt’altro spessore.

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