Renzo Paris Frecce avvelenate una storia di promiscuità e malattia
In una terra aspra, quale il Molise, Renzo Paris ambienta la sua storia. Che ha però inizio in un ospedale, dove il protagonista prova su di sé l’assuefazione a un ruolo di paziente più dolorosa del male stesso, una miseria di vita e di giornate tra corsie squallide e compagni di sventura dementi, che anche altra letteratura – come ad esempio “Oh Serafina”, di Giuseppe Berto – ha saputo raccontarci, commuovendoci e a volte turbandoci. La stessa promiscuità viene poi sperimentata dal protagonista nel suo paese, tra ragazzate e ragazzette disponibili, dove fare le prime esperienze di una sessualità dai tratti esacerbati e morbosi. L’esistenzialismo francese è qui alle porte, sembra che la mano protettiva di un Genet abbia fatto la sua parte tra queste splendide pagine. Ma Paris è tuttavia scrittore italico nel più profondo senso del termine. E’ scrittore del Nostro Sud in maniera irriducibile. Vengono alla mente gli interni squallidi e tristi di Cinico TV, o quei vecchi documentari educativi che, agli inizi degli Anni’60, la RAI proponeva per far conoscere agli italiani la loro Italia, dal Pò in giù.
Paris usa trasformare i suoi dialoghi in filastrocche o scioglilingua, nei quali la drammaticità del loro contenuto – anche incestuoso – si trasforma in musica, in nota scabrosa che, però, non diventa mai oscena, salvata in ultimo dall’innocenza, dall’incoscienza pre-peccato-d’Adamo dei suoi personaggi. Si potrebbe dire che questo racconto lirico e musicale, sia una sorta di inno all’innocenza, o anche di pamphlet divulgativo, un grido di libertà e autoaffermazione di una classe di giovani – di una volta, ma ancora per certi versi attuali – che si confrontano coi loro impulsi più segreti, e ne fanno un Canto destinato a varcare le epoche.
Renzo Paris
“Frecce avvelenate”
romanzo
Bompiani, 1974
©, 2007
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